Il fondo sugli scali del Refugio, da qualche anno vuoto, dopo essere stato per qualche tempo parcheggio abusivo di motorini, è stato occupato da giovani studenti e precari; alla ricerca, sempre più difficile, di spazi sociali agibili anche per chi ha in tasca pochi soldi.
Livorno dagli anni 80 si trova ad essere costantemente in cima alle classifiche riguardanti il disagio giovanile: l’età in cui gli adolescenti si avvicinano alle droghe si è abbassata notevolmente.
La scuola pubblica penalizzata dalle controriforme, che ne hanno ridotto il ruolo educativo e sociale, è sempre meno luogo di aggregazione, e presidio contro la devianza precoce.
Questa città (questo paese) sta perdendo la nozione stessa di libera fruizione degli spazi pubblici e dei beni comuni di proprietà collettiva: oggi paghi per frequentare sia le palestre private, che le piscine, che i campi sportivi di proprietà comunale.
Il territorio è stato messo a rendita, spariscono perfino le spiagge libere (si salva per ora la scogliera del Romito e il porticciolo liberato del Sonnino). Paghi per fare cultura. Cinema e teatri tradizionali chiudono in un centro città, che a stento mantiene accese le luci delle vetrine del sistema commerciale storico, sempre più mortificato e in difficoltà,.
Venezia regge anche grazie a quei locali pub e circoli, che un po’inquietano i residenti, perché non è facile trovare la misura giusta tra le esigenze alla quiete e la voglia di svago e divertimento ( e la contesa dei parcheggi quasi inesistenti accendono gli animi e i rancori) tuttavia i riflettori restano per fortuna accesi sul centro storico. Il prezzo più pesante è la lievitazione degli appetiti e degli interessi che rubano metro dopo metro tutte le aree e gli edifici pubblici, in attesa del suo porto turistico che non ci sarà. I borghi ottocenteschi, senza progetto di recupero urbano, stanno trasformandosi in periferie centrali, cariche di nuove tensioni e nuovi problemi. La casa della cultura che dovrebbe essere chiamata al plurale “casa delle culture” è emblematicamente serrata da parecchi anni.
Il palazzo “del Borro” potrebbe diventare un laboratorio per un nuovo pensiero di trasformazione socialmente utile: ci sono le famiglie, che non sanno se e quanto e a che titolo potranno rimanere, e il fondo occupato potrebbe essere la scintilla di un progetto ambizioso.
Ci vogliono molti soldi per recuperare l’edificio, che è prestigioso quanto fatiscente; tuttavia attraverso una inedita collaborazione di proprietà mista pubblica e privata senza fini di lucro di nuove sperimentazioni di autocostruzione, si potrebbe provare a imboccare altre strade di trasformazione non speculative.
Si potrebbero iniziare presentando alla Regione, che ha stanziato i fondi, il progetti di recupero partecipando al bando che si sta predisponendo: visto che il lascito della fondazione al comune ha avuto come motivazione la beneficenza, non si può mettere a rendita un dono per la collettività come è avvenuto per tanti appartamenti e per il palazzo di Viale Carducci 27 venduto per ripianare i bilanci dell’amministrazione pubblica o della Spil.
Daria Faggi
Osservatorio territoriale di urbanistica - Livorno
Livorno 4 giugno 2006
giovedì 29 ottobre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento