martedì 23 giugno 2020

OVUNQUE MA NON IN VIALE ALFIERI di Tommaso Tocchi per l’OTU




Nei sei anni che corrono tra la nota sulla TUTELA DEL PATRIMONIO (che fu pubblicata nel 2014 dall’Osservatorio T.U., a margine dei quesiti che pose agli aspiranti sindaco,  nell’ambito delle iniziative contro l’Ospedale a Montenero) e quest’ultima sul FUTURO DEL VECCHIO OSPEDALE, avrebbe potuto svolgersi una proficua riflessione solo se vi fosse stata la disponibilità al confronto tra gli enti coinvolti nel programma e tra questi e la città; sarebbe sicuramente emersa una soluzione condivisa e non sarebbe stato sprecato del tempo. Ma evidentemente il Dominus della questione ha voluto altrimenti e, per la debolezza e la convenienza dei comprimari che si sono succeduti, ha portato con il tempo e le circostanze  a questa nuova proposta, distante per collocazione alla prima, ma vicina alla medesima per modello e per le criticità che mostra.

i due contributi:
che ne sarà del nuovo ospedale 2020
tutelare il patrimonio 2014


CHE NE SARÀ DELL’ATTUALE OSPEDALE.

Un aspetto irritante che non è mai stato chiarito fin dall’inizio della storia del nuovo Ospedale è  la sorte  del complesso storico di viale Alfieri nel caso che si realizzi il nuovo blocco altrove,  circostanza che persiste anche nell’ultimo progetto.
Infatti, nonostante l’adiacenza della localizzazione prevista, quest’ultima proposta è comunque fisicamente indipendente e la poca chiarezza sull’utilizzo, ad opera compiuta,  dei vecchi padiglioni non allontanano lo spettro di un complesso storico destinato all’abbandono: un evento che scaturisce dai vincoli cui sono soggette alcune strutture che finiscono per rendere complesso ed economicamente sconveniente qualsiasi sforzo per il loro recupero.
C’è una regola che sarebbe bene tenere in considerazione quando si procede ad attuare un programma “Planter avant batir”; il suo significato è compiuto in se, ma può essere traslato nel concetto che le priorità non devono necessariamente seguire l’obiettivo immediato, ma devono guardare più lontano; l’obiettivo del progetto non deve prevalere sul quadro contestuale, rischiando di ignorarlo, ma deve considerarne le conseguenze finanche a sovvertire le priorità tempistiche, affinché una volta realizzato trovi una condizione accogliente e nel suo percorso non faccia vittime.
Le  soluzioni migliori, nascono spesso dai percorsi più impervi, e soprattutto attraverso il confronto, e perché no, i conflitti, che devono comunque avvenire sempre sulla base della chiarezza d’intenti,  la semplificazione non paga mai.
Banalizzando, sembra che la soluzione sottoscritta nell’ultimo accordo sia stata concepita per mantenere l’impostazione del progetto originario di Montenero, pur facendo una falsa concessione alla forte domanda perché venisse realizzato nell’ambito della vecchia struttura; così si è trovato uno spazio adiacente ritenuto disponibile senza considerare il fatto che è un parco pubblico storico.

In questa problematica si innesta il ruolo della Soprintendenza, che a Livorno non sempre ha mostrato un comportamento consapevole, il cui avallo al nuovo progetto di via della Meridiana appare segnale preoccupante.
Questo atteggiamento può rivelare la complicità che talvolta ha assunto questo organismo in alcune vicende locali ( intenzionalmente oppure per volubilità del suo ruolo istituzionale?),  consentendo di farsi strumento di scelte che hanno prodotto esiti in contraddizione con il suo mandato.
L’atteggiamento espresso da questo istituto, che dovrebbe mostrarsi equilibrato ed equo  di fronte a soggetti pubblici o privati, è apparso inspiegabilmente mutevole, da fortemente determinato a distratto o assente su alcune importanti chiamate in causa.
Qualsiasi giustificazione addotta dalla Soprintendenza in ordine alla competenza territoriale o a opinabili condizioni di tempistica e contesto non può essere giusta motivazione di fronte ad alcuni risultati palesemente criticabili;  anche se va ricordato che spesso è stata coinvolta, proprio da soggetti pubblici, rispetto a proprie iniziative a proposito o sproposito, strumentalmente o per convenienza.
Curiosa fu la sua nota sulla darsena Europa che valutò la visibilità prospettica dell’opera dalla sommità di Montenero se confrontata con la sua assenza dal dibattito sull’impatto visivo del progetto di costruzione del capannone Azimut, muraglia su cui oggi va a sbattere la vista verso nord dal viale Italia.
L’assenza è evidente anche riguardo  la demolizione dei magazzini ottocenteschi del Molo Mediceo o sull’ancor più antica officina, che era  adiacente al lazzeretto San Rocco, che dopo essere stata svelata in tutta la sua potenza strutturale originaria, di recente è stata nuovamente occultata dalla scatola edilizia destinata ad area commerciale.
È strano quanto ferma è stata nella determinazione al vincolo dei vecchi silos granari e del suo blocco cementizio aderente, dal momento che fu latitante in occasione della prevista sua trasformazione ad albergo con una improbabile operazione di piercing  ( fortunatamente abortita per palese dimostrazione di oscenità architettonica alla sua pubblicazione).
E che dire delle residenze di porta a mare e dell’insediamento dietro le fonti del Corallo, del  sedicente restauro di Dogana d’acqua (PIUSS dixit) in assenza di restauro, eccetera … ?
situazioni che meriterebbero ognuna uno specifico capitolo.


Ma ora l’Ospedale, la ex Pirelli ed il Parterre.

La Soprintendenza ha costituito uno degli ostacoli (secondo i responsabili tecnici del Comune) a qualsiasi operazione d’intervento sullo storico complesso ospedaliero, anche alla demolizione dei padiglioni posteriori  al progetto primario,  che generarono la proposta di trasferimento del nuovo blocco a Montenero basso.
Il parere della Soprintendenza fu causa della rinuncia della società che vinse l’appalto di concessione per l’utilizzo dei capannoni della ex Pirelli di via della Meridiana come parcheggio di servizio all’Ospedale, in quanto negò l’autorizzazione alla sostituzione di alcune capriate di sostegno della copertura proposta per un maggior utilizzo della volumetria, quindi della superficie funzionale, pur con l’impegno al mantenimento della scatola muraria esterna e della sua composizione volumetrica.
Non si può escludere che abbia avuto un ruolo nell’annullamento del concorso di idee per la riqualificazione come polo archivistico della ex Pirelli (cfr. finalità del bando del 2008).
La presenza del Soprintendente alla firma del protocollo di accordo sul nuovo progetto dell’Ospedale con cui si stabilisce la realizzazione della strada di attraversamento dell’attuale area ospedaliera con l’abbattimento di  parti recenti del complesso, ma anche di manufatti storici e l’interruzione di alcuni dei percorsi di collegamento dei padiglioni e soprattutto si viene a sottrarre una considerevole superficie del parco Pertini  (ricordiamolo, lo storico Parterre del Poccianti della prima metà dell’800), sta a confermare i dubbi  cui si allude all’inizio di questa nota e induce ad una supposizione: che quest’ultima soluzione sia stata da sempre una opzione  che gli enti coinvolti avevano sempre tenuto in serbo.
Nel caso che una soluzione del genere venga portata a compimento,  tra le problematiche che emergeranno, ci sarà quella che sul vecchio ospedale prima o poi (nel malaugurato caso, speriamo subito) vi sarà la necessità di intervenire, quindi di procedere a quelle operazioni che sarebbero potute servire ad un recupero funzionale atto al mantenimento del complesso nell’ambito di un rinnovato centro ospedaliero, divenendone parte da integrare col nuovo blocco.
Altrimenti la falsa tutela del complesso storico si avvierà a produrre il suo completo abbandono e degrado.

Varrebbe la pena riflettere anche su altri argomenti collegati come: 
l'assenza dei settori più sensibili delle professioni e della cultura nei riguardi degli aspetti della tutela del patrimonio della città; ci fu l'indignazione generale sulla pavimentazione di via Grande, ma niente viene detto sull'amputazione del Parterre.
La disattenzione di tutte le Amministrazioni che hanno governato la città alla qualità architettonica che nasce sempre dalla conoscenza, dall'approfondimento, dal confronto e che ha mostrato il meglio quando accompagnata al dialogo con il contesto e con le regole, anche nel caso delle soluzioni più coraggiose.

TUTELARE IL PATRIMONIO

Tutelare un edificio considerato patrimonio storico/architettonico significa non solamente mantenerne l’integrità fisica, ma anche rispettarne la funzione perché spesso è anche in relazione a questo secondo aspetto che assume il valore attribuito.
Questa attenzione deve essere assunta come regola ed è tanto più opportuna  quanto più l’edificio rappresenta  ed interpreta  funzionalmente la sua destinazione.
Nel caso di edifici storicamente più recenti questo  è ancor più evidente perché il significato o la necessità della funzione permane, altrimenti  se la funzione viene a decadere, dovendo intervenire nella ristrutturazione, se ne modifica la funzione scegliendo la destinazione più vicina in termini di spazio d’uso del bene originale e più compatibile alla sua identità.
Con il passare del  tempo,  il  valore intrinseco del bene architettonico tende comunque ad assumere il valore puramente testimoniale della sua funzione e della sua evoluzione e quindi  si storicizza come  opera architettonico/ monumentale finendo per essere conservata, visitata ed ammirata, ma non usata.

Consideriamo ora  l’Ospedale di Livorno ( realizzato intorno al 1930), un organismo architettonico complesso, fortemente caratterizzato dalla sua destinazione e da un concetto non ancora superato di blocchi funzionali specializzati collegati da percorsi protetti;  partendo da questo presupposto ci siamo chiesti se non ci siano le condizioni per il suo recupero edilizio e tecnologico prima di ipotizzare il trasferimento della struttura sanitaria in altro luogo.
La sensazione è che vi sia stata una rinuncia all’origine del problema  e sia mancato un minimo di approfondimento sul tema di fondo, non avviando un adeguato confronto sulle implicazioni di un  intervento edilizio cui sarebbe soggetta la struttura ospedaliera per l’adeguamento ai necessari requisiti strutturali ed ambientali.
È opportuno invece approfondire l’argomento del recupero funzionale dell’Ospedale e prendere in considerazione ogni ipotesi di intervento, esplorare  anche la possibilità di pesanti operazioni piuttosto che rinunciare alla destinazione per la quale la struttura pubblica  è stata realizzata.
Peraltro  qualsiasi destinazione alternativa, oltre a provocare una perdita di identità del complesso, obbligherebbe ad interventi altrettanto pesanti  e questo per evitare un suo anomalo utilizzo o la sua inevitabile decadenza ed abbandono.
Questo approccio finora inesplorato dimostrerà  che entro il perimetro della struttura ospedaliera esistono le condizioni  per  operare  sugli edifici finalizzando gli interventi alle nuove esigenze e svelerà  spazi per accogliere un eventuale nuovo blocco funzionale, dal momento che esistono alcuni edifici di più recente costruzione ed  estranei al progetto originario la cui demolizione  potrebbe creare od incrementare aree disponibili ad una nuova edificazione.
C’è ancora tempo per portare avanti un programma di rinnovo dell’Ospedale nella  sua sede storicamente consolidata, urbanisticamente integrata alla città e considerata dalla maggior parte dei livornesi un patrimonio comune.