sabato 6 luglio 2019

Skate park a Livorno quali alternative ? di Tomaso Tocchini dell’Osservatorio trasformazioni urbane Livorno


L’OTU si è posta come scopo primario l’obbiettivo di rilevare ed approfondire  le questioni che le Amministrazioni del territorio affrontano nella programmazione e nelle azioni riguardanti le trasformazioni del sistema urbano, ma è anche vero che la disciplina e gli strumenti generali di questa materia si sostanziano, in base alla loro interpretazione ed attuazione, in opere concrete di ogni genere, per funzione e dimensione per quanto possibile devono rispettarne lo spirito, i principi informatori e le finalità; quindi anche nelle piccole cose si rispecchiano la capacità di lettura, la coerenza, il controllo della trasformazione del territorio, in sostanza la cultura urbana ed ambientale che, chi amministra una città, deve dimostrare; il sistema città va visto anche come sommatoria di interventi e va verificato nei rapporti che si instaurano tra questi.
Per questo motivo siamo intervenuti con una nota anche sui lavori di piazza F. D. Guerrazzi  su cui si è aperto un confronto, purtroppo tardivo, sulla necessità o meno di rispettare l’aspetto materiale della storia della città (il lastrico originario della piazza a nostro parere recuperabile), ma soprattutto per la mancata informazione di un progetto in area sensibile; così pure abbiamo sollevato perplessità sulla ripavimentazione dei portici di via Grande, un’azione che coadiuvata anche da una manifestazione di opinioni nel merito da parte di cittadini e da un rapporto circostanziato presentato dall’Ordine degli Architetti ha prodotto una pausa di riflessione che auspichiamo preceda un cambiamento di programma operativo.
Con questo spirito abbiamo insistito ad affrontare un tema che riguarda una problematica urbana più ristretta, ma comunque relativa al sistema delle relazioni funzionali, ambientali e antropologiche, ponendo l’attenzione sul progetto per la realizzazione di uno skatepark, e soprattutto sulla prevista sua collocazione.

Va premesso che la realizzazione di uno skate park  a Livorno è una necessità urgente, vista la diffusione di questa disciplina tra i giovani che ricercano in ogni spazio disponibile le condizioni per poterlo esercitare;  in queste condizioni attualmente vengono a crearsi situazioni di disagio e talvolta di pericolo, nonché a manifestarsi nel tempo danni agli arredi e superfici degli spazi pubblici dove vengono svolti  poiché non costruiti per sopportare sollecitazioni prodotte da alcuni esercizi di utilizzo degli skateboard.
Ben vengano quindi iniziative a tale scopo, ma va tenuto in considerazione l’aspetto strutturale dello skate park e la compatibilità di questo e del suo utilizzo con il contesto in cui venga collocato.
Chi ha presente la struttura e l’uso di uno skate park  può constatare come abbia un impatto invasivo che ha la necessità di essere mitigato da un ambiente funzionalmente coerente e se possibile sufficientemente  isolato. 
I percorsi di evoluzione sono contenuti in piste e vasche cave arrotondate, altri percorsi sono quelli composti da dossi, cunette e trampolini, tutti con dislivelli rilevanti; il loro sviluppo deve essere sufficientemente ampio per evitare incroci e sovrapposizione di percorsi di un numero congruo di  utilizzatori, quindi complessivamente contenuti in un’area di almeno 1000 mq. Le forme plastiche risultanti possono ricavarsi anche per sottrazione, quindi con scavi del terreno, ma è evidente che anche in questo caso una buona parte delle costruzioni emergono in significative altezze ; a queste volumetrie plastiche si potrebbero aggiungere eventuali volumi per servizi dedicati.
Queste perplessità espresse al primo annuncio dell’iniziativa ha trovato motivo di preoccupazione quando il sabato precedente al giorno della consultazione  elettorale è apparso un articolo sulla stampa cittadina che comunicava l’affidamento dell’appalto dei lavori e che produceva una immagine dell’impianto previsto.
È quindi certo che sarà comunque un impianto a forte connotazione, di forte impatto visivo, e  la collocazione che l’amministrazione pare abbia trovato, è quantomeno sconsiderata per le seguenti ragioni.  Perché questo verrebbe realizzato accanto alla pineta della Rotonda di Ardenza, luogo di tranquillità e relax, dove recentemente è stata rinnovata la baracchina destinata ad essere anche un luogo di eventi culturali;
Perché sarebbe confinante con un viale a forte intensità di traffico,  dal quale,  all’uscita della sua curva della Rotonda, si apre la vista mare e un cono visivo di particolare suggestione paesaggistica, rispetto alla quale questo impianto si interporrebbe;
Perché sarebbe a contatto con lo spazio da sempre dedicato alla passeggiata di TUTTE la famiglie livornesi e non e per altre più specifiche ragioni di opportunità e sicurezza.
C’è da augurarsi che questa  scelta, nata forse dalla voglia di dare risposte celeri, venga velocemente  smentita, e che si operi una riflessione attenta delle problematiche che quest’impianto, giustamente richiesto dai ragazzi, produce se posto in un ambito non adeguato alla sua presenza: anche per queste scelte che possono sembrare semplici, necessitano studi, confronti, valutazioni, condivisione, partecipazione. 
Di seguito si indicano due collocazioni alternative adiacenti che non cambierebbero di molto l’attrattività dell’impianto e che si inserirebbero in contesti ben più compatibili, in un paesaggio che ne mitigherebbe l’impatto visivo e che inoltre occuperebbero spazi sottoutilizzati o abbandonati: il primo è tra il rio Ardenza e il campo da golf, dove attualmente si trova una pista di pattinaggio mai utilizzata; il secondo è posto a titolo esemplificativo di come potrebbe essere occupata un’area residuale della zona sportiva della Banditella, comparto che, con opportuno programma della nuova Amministrazione potrebbe offrire diverse soluzioni al caso oltre che costituire campo di prova della capacità di invertire la tendenza al degrado di ampie porzioni della città. Su questo specifico aspetto riguardante la Banditella si rimanda alla relazione specifica che si trasmette separatamente.

Luglio 2019


Per l’Osservatorio delle Trasformazioni Urbane: Tommaso Tocchini Livorno 21.06.2019_ Nota sulle condizioni dell’area pubblica del parco della Banditella.


Sono certo che la nuova Amministrazione Comunale potrà trovare in questo documento argomenti utili per lavoro che dovrà affrontare per invertire la tendenza al degrado cui sembra destinata la città.
È un estratto dell’articolo che ho pubblicato sulla nuova rivista dell’Ordine degli Architetti di Livorno che ha come tema la vicenda del Piano Comunale Esecutivo del Parco della Banditella che ritengo significativa per esprimere la difficoltà o incapacità che le AA_PP mostrano spesso nel governare programmi urbanistici che abbiano un minimo di complessità gestionale e l’incapacità di perseguire una visione sistemica del territorio urbano.
L’area sportiva della Banditella, come altri più complessi ambiti della città, non ha potuto dimostrare l’efficacia dell’originaria ipotesi progettuale che può essere ancora valida e recuperabile: infatti le concessioni di tre lotti del complesso sono in scadenza e la loro riassegnazione può essere occasione per recuperare seppur parzialmente quanto smarrito per negligenza ( e per cos’altro?).  

ESTRATTO DELL’ARTICOLO
Viene tralasciata la premessa riguardante la fase storica di trasformazione anteguerra.

Con il primo Piano Regolatore Generale – PRGC- del 1958 (arch. E. Detti), che destinava la maggior parte di quest’area a verde pubblico, cominciò a prendere forma la rete stradale della zona, ma è con il Piano del 1977 (arch. I. Insolera) che la vasta area residua assume l’assetto odierno: fu infatti suddivisa in due zone, una di lottizzazione residenziale e l’altra (quella ceduta dalla proprietà al Comune) destinata a verde pubblico ed a strutture per lo sport e tempo libero.
Se lo sviluppo della zona di espansione edilizia, in virtù del pregio naturale della posizione, non tardò a colmare la previsione, l’area con destinazione di pubblico interesse ha avuto ben altro destino, finendo per tradire, nel tempo,  i principi a cui era stata indirizzata con un apposito Piano Comunale Esecutivo (PCE) e finendo per costituire un aggregato di attività destrutturate che oggi fanno apparire la zona un enclave estraneo al tessuto urbano, più equiparabile ad una periferia abbandonata che ad un parco pubblico attrezzato che un sito ambientale così suggestivo avrebbe meritato.
Il mancato compimento di una progettazione urbanistica rappresenta sempre un’occasione persa; ciò può derivare, a priori, da una debolezza strategica nell’ideazione o da un’errata interpretazione della situazione in cui avrebbe dovuto inserirsi, delle risorse o dei soggetti cui doveva rivolgersi.  Più spesso l’occasione persa è però dovuta alla successiva mancanza di rigore amministrativo oppure alla strumentalizzazione della pianificazione, cosa assolutamente ingiustificabile dal punto di vista politico e frustrante per chi l’ha espressa e chi l’ha tradotta in un progetto.
La storia del Piano Esecutivo Comunale (PCE) della Banditella può interpretare efficacemente questa tesi mostrando il risultato di come si è operato sulla base di un piano di programmazione che aveva le migliori intenzioni di dotare un quartiere e la città di un complesso dedicato allo sport giovanile e di un parco pubblico in un’area ad alta valenza paesaggistica in prossimità della costa.  Anche se il PCE è uno strumento di indirizzo, non appartenente al corpo normativo generale, tuttavia con questo si intendeva rappresentare il modello di riferimento che garantisse a quest’area, pervenuta nella disponibilità pubblica, di rappresentare al meglio le finalità espresse dall’amministrazione comunale  per attuare quanto stabilito dal Piano Regolatore Generale vigente. Peraltro il piano vigente negli anni ’80 confermava per quest’area la destinazione stabilita dal precedente, che fu ribadita anche successivamente dall’ultimo piano del 1998 (Gregotti Associati): Basta consultare la cartografia e le norme attuative dei piani citati, per constatare quanta importanza sia stata sempre attribuita a questa zona verde, in termini di qualità urbana, di prospettive di sviluppo e di quantità relative ai parametri urbanistici che negli ultimi decenni si sono sensibilmente ridotti nell’assetto generale urbano.
Il Comune di Livorno approva nell’ 86  un Piano Comunale Esecutivo: uno strumento urbanistico di dettaglio previsto nella normativa di attuazione, un progetto preliminare per dare forma fisica alle previsioni del PRGC, che serviva a coordinare la realizzazione delle attrezzature più propriamente sportive con le esigenze di tipo ricreativo e naturalistiche proprie del Parco, ma anche a perseguire gli obiettivi più generali, di riequilibrio e razionalizzazione della fascia costiera contenuti nel Piano Particolareggiato della Costa, mettendo in relazione questa vasta area di oltre 30 ettari con il lungomare.
Il PCE, nel rispetto del rapporto dimensionale stabilito tra verde attrezzato e parco urbano, prevedeva quattro impianti in linea appoggiati su una strada di servizio con parcheggi parallela alla ferrovia, che occupavano circa un terzo dell’area; dal lato opposto, una fascia verde come cuscinetto tra questi e la zona residenziale; infine due percorsi trasversali attraversavano la zona sportiva e la fascia verde che, insieme all’ampio parco naturale a nord,  in prossimità del rio Ardenza, dovevano connettere le strutture ed il retroterra con i giardini storici del lungomare.
Tra gli elementi qualificanti del PCE vi era e la creazione di nuovi spazi pubblici attrezzati di socializzazione e la promozione dello sport giovanile, finalità che doveva essere presente nello statuto delle società che avessero richiesto l’assegnazione dei terreni in concessione. Nel progetto di riferimento questa esigenza veniva rappresentata nel dialogo tra le strutture e gli edifici destinati a servizi che si fronteggiavano  sulle piazze allungate da cui partivano gli assi trasversali, concepite come luogo d’incontro e centri di aggregazione del parco diffuso; non a caso, per convenzione, questi spazi esterni dovevano essere realizzati dagli assegnatari insieme a tutte le infrastrutture di servizio, le strade e i parcheggi.
Ma subito nei primi anni si susseguirono tre varianti di adeguamento alle diverse esigenze avanzate dalle società e associazioni assegnatarie, che, seppur non alterando la sostanza dell’impianto generale, si rivelarono, a posteriori, come primi sintomi di una gestione faticosa dell’attuazione del piano che nel corso degli anni è andata sempre più deteriorandosi.
Gli ultimi atti che hanno dato il colpo finale all’ambizioso progetto iniziale sono stati la perdita della proprietà pubblica di uno dei quattro lotti, conseguente ad una inconcepibile gestione del dissesto finanziario del concessionario, ed il cambio di destinazione dell’ampia area panoramica, aperta al mare, confinante col rio Ardenza, da parco naturale a campo di golf con la conseguente sua sottrazione al libero uso pubblico.
È sconfortante il panorama che offre oggi questa zona che, rimuovendo le inutili nostalgie di quello che fu l’ultimo presidio agricolo costiero celebrato nell’800 dai pittori macchiaioli, avrebbe potuto offrire nuove opportunità di incontro e di crescita sociale non solamente alle giovani generazioni, ma anche a tutti i livornesi che affollano i giardini del lungomare per fare una passeggiata o per svolgere libere attività fisiche.
Dei servizi inizialmente previsti sono stati realizzati solamente quelli essenziali all’uso dei campi da gioco, nessun edificio tra quelli che dovevano strutturare architettonicamente il complesso, nessun servizio complementare o che rappresenti un minimo di supporto ad una funzione di accoglienza e conforto per un’area pubblica che aveva avuto l’aspirazione di diventare una parte urbana ed un valore aggiunto per la città: qualità zero, porzioni  di aree verdi  fagocitate dai campi di calcetto, le superfici destinate a piazze invase da canneti e sterpaglie, le aree di parcheggio sistemate al minimo indispensabile e prevalentemente lasciate sterrate ed anch’esse invase da vegetazione spontanea, misere recinzioni in maglia di ferro e scheletri di costruzioni in cemento armato; quello che non manca è una potente illuminazione per l’utilizzo intensivo anche notturno dei campi di calcetto.
Nessun beneficio è stato apportato da un’area che poteva rappresentare un tassello importante per la vivibilità della città, per il suo paesaggio,  ed un importante attrattore per lo sviluppo turistico; nessun beneficio economico per le casse comunali.
Per quanto riguarda l’area  destinata a parco c’è da dire che l’Amministrazione Comunale  si è sempre trovata in difficoltà nel definirla compiutamente, in quanto impegnativa per la sua estensione, ed ha esplorato inutilmente la fattibilità di diverse destinazioni che avrebbero dovuto conciliare la sostenibilità economica  col mantenimento dell’uso e dell’interesse  pubblico, ma ogni piano ha un senso se visto nella sua completezza e nel contesto nel quale è stato concepito e il PCE avrebbe avuto soluzione se i concessionari avessero ottemperato agli obblighi stabiliti dal programma, se avessero realizzato quanto previsto, se non avessero realizzato il minimo essenziale e funzionale al massimo reddito col minimo sforzo e soprattutto se l’Amministrazione Comunale avesse ben vigilato ed, in sede di contrattazione, non avesse ceduto alle richieste dei concessionari che hanno aperto la via a comportamenti controproducenti per l’assetto dell’area. L’area destinata a verde pubblico, sostenuta dalla prevista rete di infrastrutture e servizi, sarebbe diventata un vero parco, elemento integrante della cittadella dello sport e cuore dell’area di svago che avrebbe compreso anche le attività del mare che nel frattempo hanno avuto sviluppo con le strutture organizzate sulla costa adiacente. Peraltro l’area verde, quella che oggi è recintata e dedicata al golf, seppure abbandonata alla vegetazione spontanea, era prima frequentata, specialmente nei giorni festivi, da famiglie, da appassionati di aquiloni, da proprietari di cani che portavano i loro animali a correre, ed assolveva in maniera spontanea alla funzione pubblica. L’ipotesi di crearci una pista ciclabile era sfumata, giustamente, allorché fu ritenuta necessaria, da chi ne avrebbe gestito l’uso, la realizzazione di una recinzione per motivi di sicurezza. Cadde anche l’idea di predisporla agli eventi temporanei, feste e fiere, perché le particolari condizioni climatiche cui la zona è sottoposta, specialmente a periodici forti venti, avrebbero imposto la costruzione di strutture stabili che mal si conciliavano con la temporaneità degli eventi, escludendone il libero uso pubblico. La libertà selvaggia dell’area ha capitolato però di fronte all’offerta per la realizzazione di un campo di golf. Le motivazioni di questa scelta sono state: garantire il mantenimento di un’area verde considerata incolta e sottoutilizzata, nobilitare l’area tramite la caratterizzazione tipica degli spazi dedicati a questa pratica sportiva, contribuire all’attrattività turistica della città, creando un impianto quasi unico in un’area urbana, complementare agli altri impianti sportivi presenti nel comparto; in sostanza creare una gradevole area verde attrezzata fruibile dalla cittadinanza di ogni età. Le stesse motivazioni si smentiscono da sole trasgredendo principi elementari che dovrebbero ispirare l’uso del patrimonio comune e naturale; la pratica ormai avviata di questo impianto dimostra quanto il risultato di questa scelta si avvicini di molto all’esito degli impianti sportivi adiacenti, praticamente finendo di occupare tutta l’area pubblica con una destinazione che ha in assoluto  il minimo valore nel  rapporto utenti e superficie occupata. La presenza di quest’area inaccessibile si oppone peraltro alla possibilità di mettere in comunicazione le zone sportive con il lungomare  e ad ogni altra percorrenza da est ad ovest, da nord a sud, contravvenendo al rapporto tra area a parco pubblico ed area attrezzata per lo sport stabilito in origine dal Piano Regolatore e negando l’appartenenza dell’area al contesto naturale ed al sistema funzionale del piano della costa.

COSA SI POTREBBE FARE
Con la scadenza, a novembre di quest’anno,  delle concessioni trentennali di tre lotti di quest’area promessa alla promozione dello sport,  l’Amministrazione ha l’occasione di recuperarla dalla sua attuale condizione indegna per la città per affidarla ad uso più appropriato ed utile alla comunità: già con un nuovo procedimento di assegnazione che semplicemente pretenda il rispetto di quelle che dovevano essere, già alla prima assegnazione, le prescrizioni ed obblighi ( in sostanza di realizzare compiutamente i progetti in base ai quali vennero assegnati i lotti, comprese le opere infrastrutturali e servizi previsti dal piano attuativo ) si può migliorare la situazione, senza escludere nuove prospettive che la nuova Amministrazione potrebbe avere intenzione di perseguire, per eventuali nuove opportunità che potrebbe intravedere per integrare il sistema di servizi per il tempo libero e lo sport.
L’OTU rimane a disposizione per approfondimenti e anche per integrare con documentazioni ed illustrazioni quanto sopra esposto.