sabato 7 dicembre 2019

A PROPOSITO DEL PALAZZO GRANDE Tommaso Tocchini per OTU


Qualche giorno fa Dario Matteoni è intervenuto nel dibattito sul Palazzo Grande, argomento tra i più praticati e perduranti nella stampa locale e sui social media, con una riflessione storico-critica sulla nascita dell’edificio e sul suo valore architettonico,  chiudendo l’articolo riscontrando la “contraddizione insoluta, …. nel dualismo, mai risolto, di pubblico e privato, di rappresentatività e di commercio” di cui la condizione del Palazzo Grande è emblema in questa città “che deve ancora fare i conti con l'eredità non banale della sua architettura moderna”. È questo un giudizio sul caso che colloca la questione nel contesto storico in cui si è manifestato e sposta definitivamente il dibattito sul futuro dell’edificio a confrontarsi con la realtà fattuale.
Con l’intenzione della nuova amministrazione di aprire una seria riflessione sul futuro dell’edificio e sulle prospettive di una sua rinnovata funzionalizzazione, forse non a caso resa pubblica con l’articolo apparso martedì 3 dicembre, vengono spazzate via le ultime banalità sulla eliminazione del nobile interrompimento ed ogni ipotesi antistorica sul riuso di una “piazza liberata” che ancorché impraticabile disvelerebbe un deludente panorama lontano dalla suggestione delle stampe e dalle fotografie d’anteguerra.
Ieri l’intervista a Roberto Petroni rivela le intenzioni della proprietà orientata verso un utilizzo, direi convenzionale,  degli spazi commerciali, con la ricerca di soggetti che garantiscano un più esteso utilizzo dei locali, ipotesi che rappresenta sostanzialmente una operazione di sostituzione, lasciando la destinazione della parte più impegnativa per dimensione ed articolazione, il volume del cinema-teatro,  a diverse ipotesi ispirate a recenti fortunate esperienze di città turistiche, ma anche palestre/centri fitness.
Ora la speranza è che, componendo le riflessioni che possono scaturire da queste tre fonti, si possa trovare un futuro al Palazzo Grande che possa convertire il senso negativo di Interrompimento a quello di Fulcro di una vitalità del centro storico da rigenerare.
A tal proposito alcune considerazioni sono d’obbligo.
Da tempo si parla di creare in città, nell’ambito dell’attività turistica, strutture per la promozione di prodotti territoriali o per la ristorazione, a partire dalla vecchia assegnazione del Forte S. Pietro al CNA da tempo scaduta e dimenticata, fino alle attuali volenterose esperienze al Mercato delle Vettovaglie, ed al probabile analogo utilizzo dell’ex teatro Lazzeri e di parte delle zone commerciali di Porta a Mare.
La presenza di palestre e centri fitness a Livorno è invasiva e pare il destino ineludibile di tutti i contenitori urbani in cerca di destinazione: è da evitare un teatro Grande come l’Odeon!
Una pianificazione mirata a coordinare tali attività e ad operare scelte parametrate alla domanda a medio-lungo termine, ed alla vocazione dei luoghi eviterebbe fenomeni di inutile concorrenza e di veloce obsolescenza.
Un concorso di idee per dare forma ad opzioni praticabili per l’attualizzazione del complesso architettonico sarebbe un opportuno preliminare ad una decisione definitiva, che renda partecipe la cittadinanza di una sorta di riappropriazione ideale dell’edificio, per come era stato concepito, riconoscendone l’appartenenza  al patrimonio della città.
Ulteriori approfondimenti vanno rimandati quindi alle occasioni che si auspica vengano create dall’Amministrazione per inaugurare finalmente l’avvio una reale partecipazione a tutte le scelte di interesse generale, ma nello stesso tempo va lanciata una ipotesi che potrebbe collocarsi nell’ambito di una stretta collaborazione pubblico-privato e  che certamente darebbe una energia permanente al luogo ed alle attività presenti: una semi-istituzionalizzazione attraverso l’utilizzo di parte dell’immobile a sede dell’Urban Center.
L’assoluta centralità del Palazzo Grande, la prossimità al Municipio ed agli uffici amministrativi, la particolare composizione degli spazi tra i quali da evidenziare:
-          i percorsi tracciati dagli attraversamenti interni ortogonali, opportunità di uno spazio  pubblico alternativo a quello stradale, mai sfruttato con l’apertura delle attività presenti verso l’interno che avrebbero creato una zona di relazione da valorizzare perseguendo una situazione di convivenza e sicurezza;
-          Il primo piano dall’articolazione singolare dei pieni e dei vuoti ed il loggiato, una specie di piazza coperta che si affaccia sulla piazza aperta;
-          La presenza delle due scale laterali (via Pieroni e via Cogorano) che portano a questo primo piano, mai utilizzate, che ne agevolerebbero l’accessibilità;
-          La disponibilità, non esclusiva, di sale per eventi.
Queste alcune caratteristiche che consentirebbero di organizzare un vero centro aperto ai cittadini e di generare forte attrattività anche per un indotto commerciale e di terziario che si installasse nelle altre zone dell’edificio, funzione non alternativa al Cisternino di città in quanto quest’ultimo per inidoneità strutturale e per mancato adeguamento funzionale non ha potuto finora e non potrà mai assolvere alle necessità pratiche di un Urban Center.