DUE
MODELLI A CONFRONTO: SICUREZZA “FISICA” E SICUREZZA URBANA In Italia da circa un ventennio, sull’onda di alcuni
accadimenti, si sono innestate nuove paure, una volta sconosciute nella nostra
comunità. Torneremo dopo su questi accadimenti e sui timori da essi (ma non
solo da essi) originati.
Inoltre,
alcuni dei punti trattati non sono strettamente inerenti al rapporto tra
(infra) struttura della città e sicurezza, ma riguardano quest’ultima sotto
altri aspetti comunque necessari ed importanti per un modello democratico,
efficiente, partecipato.
Giova
prima soffermarsi sul concetto di sicurezza.
La SICUREZZA
GLOBALE PERCEPITA dal singolo, e di conseguenza dalla massa, è data da
varie “sicurezze”: climatica, perché fisicamente è la prima cosa che
percepiamo, e negli ultimi anni siamo diventati prima empiricamente e poi
culturalmente consapevoli delle variazioni climatiche ormai irreversibili;
economica, perché la dimensione sia fittizia (finanziaria), che reale (possibilità
di sostentamento), sono sempre più compresse dal nostro modello sociale
neo-liberista; sanitaria, perché conseguentemente alla contrazione delle
disponibilità economiche individuali ed ai tagli imposti dal vigente sistema
economico a tutti i servizi pubblici hanno subito riduzioni; esistenziale o
fisica, ovvero quella relativa all’incolumità della persona. Tutte insieme
concorrono e interagiscono, si mescolano, solo che la sicurezza fisica, a
seguito di operazioni mediatiche e “culturali” condotte soprattutto negli
ultimi venti anni circa, è stata trasformata e confusa con “LA SICUREZZA” per
eccellenza.
Posto
che la sicurezza in ogni sua forma è un BENE COMUNE come il lavoro, la salute,
l’ambiente, l’educazione, la cultura ecc., si è passati dal prevalere del
valore della SICUREZZA SOCIALE a quello della SICUREZZA FISICA, quella di cui “dovrebbero
occuparsi solo leggi e polizia”, secondo un errato pensiero corrente.
DATI
NUMERICI Da rilevare come, in tutta
Europa, Italia compresa, mentre l’attenzione (e gli investimenti) delle
istituzioni su sanità, istruzione, cultura, lavoro, ambiente sono calati, a
fronte di un aggravamento del senso d’insicurezza collettivo e individuale in
tali campi, succede l’opposto per la PERCEZIONE D’INSICUREZZA FISICA, nonostante
il numero dei reati sia notevolmente diminuito. E’ difficile credere a un dato
simile, visto quanto tempo è che siamo martellati dai media in senso opposto,
ma le fonti sono il SERVIZIO ANALISI CRIMINALITA’ del ministero dell’interno,
che trae i propri dati dalle questure, e l’ISTAT. Prima di procedere, è bene
ricordare che chi studia questi dati analizza periodi medio lunghi, esaminare
l’andamento dei fenomeni malavitosi da un anno all’altro è poco scientifico.
Qui sono citati dati nei tempi medi, cinque anni, e nei tempi brevi, un anno.
Dati
2006 – FINE 2011:
omicidi
-15%, tentati omicidi -10,8%, furti -16%, aumento delle truffe le truffe, ma è
da tener presente che il grosso delle truffe è di natura informatica, e che
questo genere di attività nasce a metà anni ’90.
Nel
primo semestre 2012 sono aumentate, a fronte dello stesso periodo del 2011, le
rapine in abitazione (+25.8%), i furti in abitazione (+17.3%), furti con
destrezza (+10,1%), scippi (+6,2%);. Calate le rapine in banca, e secondo gli
esperti del ministero dell’interno e delle università il quadro complessivo che
ne
deriva è quello di una società meno violenta, ma
improvvisamente colpita dalla crisi, che oggi spaventa più del ladro sotto
casa; non criminali specializzati, ma persone disperate, rimaste senza lavoro,
o senza casa, o con problemi di salute non più affrontabili economicamente,
commettono piccoli reati per disperazione. Mentre si leggono questi dati,
tornano in mente i proclami di Maroni e La Russa con ronde di quartiere e ff.aa.
per le strade cittadine, mentre si facevano e si fanno sparire, insieme alla
benzina tagliata, i poliziotti di quartiere ed il loro rapporto fiduciario con
gli abitanti e la loro presenza rassicurante. La tendenza è omogenea in tutta
Europa, e in Italia le cose vanno un po’ meglio rispetto a Francia, Spagna,
Gran Bretagna. Ancor meglio in Germania, ma la crisi là si fa sentire meno e
diversamente, soprattutto le maggiori spese sociali fanno avvertire minor
INSICUREZZA GLOBALE (Istruzione, lavoro, salute).
NON
CORRISPONDENZA TRA CALO DEI REATI E INSICUREZZA PERCEPITA Il 29% circa delle famiglie italiane sente minacciata
la propria incolumità fisica, l’85% crede che negli ultimi 5 anni la
criminalità sia aumentata. Perché i dati reali contrastano con la percezione?
Analizziamo
le tipologie di persone che si sentono più minacciate: donne, anziani, minori,
giovani, operai, disoccupati, redditi più bassi. Ovvero, le persone cui, di
fatto, manca la sicurezza sociale. Se poi confrontiamo questi dati in
rapporto ai mass – media, notiamo che le persone più esposte alla tv sono le
più spaventate, in particolare se seguono trasmissioni ansiogene quali
“La vita in diretta” e simili, dove un episodio di cronaca nera è riproposto
per mesi.
DISINFORMAZIONE
TELEVISIVA ED ELEZIONI Dall’estate 2007, inizio crisi, a tutto il 2011, le
reti Mediaset e le prime due Rai hanno dato da 1100 a 1700 notizie di cronaca
nera e da 147 a 327 sulla crisi mondiale-europea-italiana. Fa eccezione Rai 3,
con 634 contro 270 (fonte osservatorio di Pavia). Emblematico l’omicidio di
Paola Reggiani, sul quale è stata costruita la campagna mediatica per
l’elezione del sindaco di Roma Alemanno. Il biennio 2007 – 2008 è stato, nella
storia d’Italia, quello in cui si è visto il maggior sforzo politico e
mediatico per attrarre prima l’attenzione, poi il consenso degli italiani sulla
“sicurezza fisica”. Il modello a “spirale crescente” è:
“CREAZIONE/ALIMENTAZIONE
DI PAURE – PROPOSTA DI SOLUZIONI SECURITARIE – IPERPRODUZIONE DI LEGGI
REPRESSIVE (Fini-Giovanardi, Bossi-Fini) – TAGLI ECONOMICI E RIASSETTI
DISORGANIZZANTI DELLE FORZE DELL’ORDINE – CATTIVI RISULTATI OPERATIVI VISIBILI
(immigrazione) - CREAZIONE/ALIMENTAZIONE DI PAURE…..”.
SICUREZZA,
DESTRA, SINISTRA Purtroppo la
sinistra, o comunque le forze progressiste, hanno diffusamente considerato la
sicurezza “roba da destra, da fascisti”, col risultato che non c’è mai
stata un’elaborazione né culturale, né pratica di un modello di sicurezza
alternativo alla “democrazia penale”, ai pacchetti sicurezza, alle ronde,
all’alimentazione d’ignoranza, quindi pregiudizi, quindi chiusure escludenti e
marginalizzazione – ghettizzazione; il tutto frutto della polarizzazione
economica e sociale che viviamo. Mancando un percorso autonomo di crescita
delle forze che dovrebbero essere innovatrici e rispettose dei diritti
dei più deboli ed emarginati, purtroppo spesso vengono (mal) imitate e rincorse
le politiche neo-conservatrici, col solo e fallito scopo di catturar consensi
elettorali.
In Italia è sempre più forte, in campo economico
sociale, il pensiero unico neo liberista, mentre non si è ancora completato il
percorso liberale sul piano dei diritti.
ORDINE
PUBBLICO I problemi sociali legati
alla cattiva coscienza del Nord del mondo verso un Sud sempre più vicino, non
solo attraverso la presenza dei migranti, ma anche con l’incremento di sacche
di povertà/marginalità di cittadini italiani ed europei, anziché esser
affrontati politicamente, sono sempre più trasformati in problemi di ordine
pubblico. Il diritto al lavoro, al sapere, all’abitare, alla salute, al vivere
in un ambiente salubre, sono sempre meno oggetto di politiche preventive e
sempre più relegati a scontri di piazza. Detto questo, occorre che, come
previsto dalla nostra costituzione, sia tutelato sia chi manifesta in modo
civile e nonviolento le proprie ragioni, sia i lavoratori della sicurezza
professionali e democratici; per queste ragioni gli agenti delle ff.oo. devono
essere, a loro tutela, singolarmente individuabili (codice su casco, uniforme
ecc), così come i manifestanti; non si può però pensare di avere da una parte
operatori della sicurezza giustamente riconoscibili, dall’altra gruppi di
travisati, talvolta militarmente schierati ed organizzati, che agiscano
violentemente ed indisturbati. Si rende necessaria, in tal caso, invece di
annunciate leggi speciali, una sistematica applicazione delle leggi ordinarie
esistenti, attraverso l’arresto, anche differito, e l’automatico scioglimento
della manifestazione. Inoltre, gli operatori della sicurezza devono avere dei
protocolli e procedure di comportamento giuridicamente riconfigurati, da
adottare nelle varie situazioni che si presentano in tali circostanze.
L’obiettivo è tutelare chi lavora e manifesta nelle regole, isolare e colpire
chiunque si renda responsabile di comportamenti illegali violenti e lesivi
dell’incolumità privata.
QUALE
NUOVO MODELLO DI SICUREZZA URBANA Poiché, come abbiamo visto, la sicurezza globale è frutto del rispetto
della sicurezza di vari diritti (sociali), il primo punto programmatico
per la sicurezza urbana è una più equa distribuzione di ben-essere,
assai diverso dal ben-avere, con cui spesso lo confondiamo. Idem dicasi per il
lavoro e il welfare. Occorre anche promuovere da subito crescita
culturale e politiche che potranno dare risultati duraturi e radicati, ma solo
col tempo. Invecchiamento demografico e impoverimento alimentano le
paure, quindi servono politiche demografiche cittadine lungimiranti; i migranti
devono esser visti come una risorsa, anziché minaccia. Non c’è alternativa.
La sicurezza globale, che contiene quella fisica, è il risultato di percorsi
partecipati e condivisi da tutte le agenzie della città, comune, prefettura,
questura, organizzazioni sindacali, scuola, ma anche e soprattutto oculato
studio ed uso urbanistica e architettura al servizio della qualità della vita.
Per
chi dirige agenzie pubbliche che forniscono servizi non è facile, oggi,
adempiere il proprio ruolo. Non solo gli enti comunali e provinciali, ma anche
prefetture e questure subiscono ed hanno subito tagli economici e di risorse
materiali ed umane gravissimi, mettendo così in discussione la priorità del
servizio, facendo prevalere il bilancio sui diritti. Diversamente dalla
produzione di beni materiali e di consumo, sanità, educazione - cultura,
sicurezza, sono e devono essere servizi pubblici, non sottoposti alle
logiche del mercato ma al rispetto dei diritti di cui sono oggetto.
Paradossalmente, proprio i tagli di bilancio dei comuni producono non
risparmio ma costi sociali, che poi si tramutano in marginalità e quindi
paura ed esclusione, non solo verso i migranti ma oggi, con la crisi, anche
verso i nuovi poveri italiani. In sostanza, al centro della sicurezza, insieme
a un buon sistema di welfare, è la riqualificazione urbana. Sono tra loro
sempre più separati i luoghi dell’abitare da quelli del comprare, del lavoro,
della socializzazione, quando quest’ultima c’è. Occorre porre particolare
attenzione a che le istituzioni non
siano in concorrenza tra loro, tantomeno in contrasto,
al fine di progettare, condurre e realizzare percorsi (ri)qualificanti del
vivere comune.
Si
rende necessaria una diversa e più attuale preparazione, professionalizzazione
ed impiego dei lavoratori della sicurezza, statali o degli enti locali, per
uscire dalla logica, per esempio, “venditore abusivo da punire – vigile
inviso a cui ribellarsi”. I drammi economico – sociali del tempo in cui
viviamo, nonché i problemi derivanti da scriteriate scelte di mobilità
cittadina (traffico), non possono essere scaricate dal piano politico –
amministrativo, al ruolo di “vigile – sceriffo”, alla “bonifica del territorio
da stranieri ecc”, alla “politica delle multe”, che vede così sprecate risorse
umane, professionali ed economiche, da destinare invece ad una miglior
vivibilità dei quartieri. Indispensabile un governo complessivo della città,
dove non prevalgano logiche spartitorie finalizzate a imbonire, nelle migliori
ipotesi gruppi economico -“politici” più o meno tra loro contigui.
Bisogna
lavorare a un “piano dei tempi e degli orari”, che metta in relazione le
mutate esigenze “private” col “pubblico”; attuare una politica abitativa che
non crei quartieri – dormitorio, talvolta ghetto, favorendo
omogeneità sociale e fragilità degli abitanti di un quartiere, ma che al
contrario orienti verso la “contaminazione reciproca”, soprattutto sul piano
culturale. Un esempio da citare è il comune di Rotterdam, che assegna le case
alle famiglie cercando di disomogeneizzare culture, lingue, religioni,
abitudini: gli abitanti dello stesso quartiere, olandesi e non, si dicono
soddisfatti per aver conosciuto ed imparato culture diverse.
Realizzazione
di centri commerciali “templi del modello consumistico”, delocalizzazione del
lavoro, quartieri lontani e isolati, sono la perfetta ricetta della società non
coesa, consumista, improduttiva, marginalizzante. I centri si svuotano e
degradano e le periferie, abitative e commerciali, si riempiono di
frequentatori, non di abitanti, dove non ci si conosce e cresce insieme, ma ci
si incontra velocemente, consumando beni materiali e relazioni
personali, dal fast food al “fast know”. Aggiungiamoci i vari
”poli ambientali” quali discariche periferiche, rigassificatori e inceneritori,
ed è completo il quadro dei motivi per i quali aumenta il senso di (IN)SICUREZZA
GLOBALE. Con l’insufficiente politica dell’integrazione e dell’intercultura
(riferite non solo ai migranti, ma a tutti gli abitanti della città), è ovvio
che l’ignoranza e, quindi, le paure, prendano il sopravvento.
Manutenzione
della città, riprogettazione dei servizi di polizia e di quartiere, prossimità,
cooperazione tra e con i cittadini, sono più economici ed utili dell’alta tecnologia
(telecamere), chiusura sociale, escalation securitaria.
Anche
l’ostentazione mediatica di un'annunciata, maggior presenza numerica dei
tradizionali addetti alla sicurezza fisica, in altre parole le forze
dell’ordine, non è realisticamente foriera di maggior sicurezza reale. Talvolta
si registra in più zone del territorio nazionale la presenza sui media,
pressoché quotidiana, di automezzi di polizia, indagini, arresti, commenti,
dichiarazioni dei locali vertici delle questure. Tale “politica”, lungi dal
rassicurare i cittadini più sensibili alla sicurezza, li pone continuamente
davanti a “quanti reati ci sono”, “quanto aumentano –
diminuiscono”, “quanta risposta fisica delle ff.oo. c’è”.
Fermo
restando, quando c’è, l’apprezzabile incremento del numero di volanti sul
territorio, la sbandierata ma irrealistica implementazione delle politiche securitarie,
ma non “sicure”, da parte dei massimi organi cittadini di polizia,
contribuisce ad alimentare il fuorviante dilemma “quanti poliziotti, quanti
reati”. In un momento d’indisponibilità di risorse finanziarie, umane e di
mezzi (autoveicoli destinati al controllo del territorio, computer ecc.),
sarebbe più oculato investire maggiormente nei
servizi d’”intelligence” e sull’impiego di un
maggior numero di poliziotti di quartiere, che hanno un contatto ed una
relazione più capillare con gli abitanti, aumentano il senso di sicurezza
percepita. Oggi si usa sostituire le carenze politiche ed economiche con un
linguaggio rassicurante, usando molto parole quali “grande serenità”,
“innovazione”, “modernità”, “ricalibrare”, “adeguare alle esigenze”, annunciando
provvedimenti, novità, ecc, salvo poi verificare che le parole sono spesso
contraddette dai dati tangibili. La realtà è diversa, e spesso questo stile
cerca comprensibilmente di coprire tagli, arbitrariamente di comprimere
diritti. Cittadine, cittadini ed addetti ai lavori se ne accorgono, ne
conseguono demotivazione, sfiducia, distacco.
Come
sindacato capiamo le ragioni di chi agisce con questo stile e con capacità usa
il linguaggio e l’immagine in mancanza di risorse, ma come si diceva prima, chi
lavora nella scuola, nella sanità e nella sicurezza deve prima di tutto esser
mosso da forte motivazione, e non è detto, se non ci si pone nel giusto modo,
che aver più personale sanitario operativo, più docenti e più poliziotti voglia
dire automaticamente avere miglior sanità, miglior scuola e miglior sicurezza.
Talvolta la demotivazione, di varia natura, può esser così forte da ridurre la qualità
nonostante la quantità. Se da chi opera nei servizi sociali si vuole
un miglior prodotto per l’utenza, la motivazione dev’essere adeguata;
viceversa, avremo “solo”, per così dire, la garanzia dei servizi minimi dovuti.
Come o.s. confederale ambiamo a proporre percorsi motivanti e produttivi, in un
combinato diritti dei lavoratori della sicurezza/diritti dell’utenza.
Promuoviamo compartecipazione con istituzioni, cittadini, organizzazioni di
ogni tipo, come ad esempio l’esperienza iniziata con lo SPI – CGIL, che
prossimamente si tradurrà in iniziative capillari con le leghe territoriali, a
diretto contatto con gli abitanti dei quartieri, in particolare donne e
anziani, maggiormente spaventati e spaventabili.
L’opera
di prevenzione non consiste soltanto nella visibilità di uniformi, pur
importante, ma nella riqualificazione manutentiva delle strade, dei presidi di
socializzazione, nell’illuminazione, nell’uso di parchi pensati per bambini e
anziani, soprattutto nell’interazione e nel concetto di prossimità, fondamentale
in un rapporto di compartecipazione reale, non solo artatamente annunciata. Si
tratta sostanzialmente di agire in positivo e non in difesa, costruire
sicurezza partecipata e condivisa con i cittadini, ancor prima che “sorvegliare
e punire”.
Febbraio 2013