domenica 3 marzo 2013

Osservatorio Trasformazioni urbane Report dell’incontro del 01/03/2013 Libreria Erasmo



Breve resoconto di ciò che è avvenuto dall’incontro del 31 gennaio
·         lettera inviata al Sindaco, Assessori Picchi e Roncaglia, Presidente Consiglio Comunale, Capigruppo dei gruppi consiliari del centro-sinistra;
·         risposta di Roncaglia che afferma di non avere più la delega allo”sviluppo della partecipazione”;
·         risposta di Cannito che apre ad un incontro;
·         nessuna altra risposta.
·         Stessa lettera inviata anche alla stampa: nessuna pubblicazione
·         Stessa lettera inviata a singoli/e;associazioni, gruppi, formazioni politiche chiedendo  di sostenerla, anche con contributi propri: nessuna risposta
·         Documento inoltrato da Luca Filippi  “documento sicurezza SILP CGIL”: materiale per le elaborazioni successive
Per il futuro
Conferenza stampa :  sabato 09/03/2013 ore11,30 Libreria Erasmo Via degli Avvalorati, 62
Riproposizione dei contenuti della lettera all’Amministrazione, sopra citata;
Notizia dei percorsi di lavoro definiti nell’incontro dell’ 1 marzo.
Attivazioni 3 gruppi di lavoro:
1.       catalogo delle “ferite” alla città,  soprattutto quelle che pregiudicano pesantemente il suo sviluppo;
2.       interventi sul territorio, di analisi dello stato esistente e di promozione della partecipazione  (passeggiate, incursioni,  et. );
3.       raccolta di esempi di buone pratiche; strategie di comunicazione efficace.
Si sono iscritti/e ai gruppi, nell’incontro del 01/03:
1.       Daria Faggi, Tommaso Tocchini, Sirio Grassi, Fabio Papini; Francesco Cicora;
2.       Paolo Balestrini, Maila Nosiglia, Paolo Cascinelli, Giuliana Contini; Diana Panicucci; Mimmo Russo;
3.       Michelangelo Lucco, Leonardo Bertelli, Daniela Bertelli, Paolo Gangemi
N.B.:
I gruppi sono da integrare con chi desidera partecipare: i nominativi sopra riportati sono quelli di coloro che erano presenti all’incontro: sollecitiamo, quindi, un più ampio coinvolgimento;
i gruppi lavorano con scambi continui e chiunque può decidere di partecipare al lavoro e alle iniziative;
alcune persone hanno dichiarato la loro disponibilità a partecipare in forme più o meno continuative e portando progetti specifici. Prossimo incontro da confermare il 12 o 13 o 14 marzo ore 17 luogo da confermare
Per adesioni alla lettera e ai gruppi scrivere a urbanisticapartecipatata.li@gmail.com
Link dell’Osservatorio :

Documento sicurezza della SILP CGIL LIVORNO . di Luca Filippi



DUE MODELLI A CONFRONTO: SICUREZZA “FISICA” E SICUREZZA URBANA In Italia da circa un ventennio, sull’onda di alcuni accadimenti, si sono innestate nuove paure, una volta sconosciute nella nostra comunità. Torneremo dopo su questi accadimenti e sui timori da essi (ma non solo da essi) originati.
Inoltre, alcuni dei punti trattati non sono strettamente inerenti al rapporto tra (infra) struttura della città e sicurezza, ma riguardano quest’ultima sotto altri aspetti comunque necessari ed importanti per un modello democratico, efficiente, partecipato.
Giova prima soffermarsi sul concetto di sicurezza.
La SICUREZZA GLOBALE PERCEPITA dal singolo, e di conseguenza dalla massa, è data da varie “sicurezze”: climatica, perché fisicamente è la prima cosa che percepiamo, e negli ultimi anni siamo diventati prima empiricamente e poi culturalmente consapevoli delle variazioni climatiche ormai irreversibili; economica, perché la dimensione sia fittizia (finanziaria), che reale (possibilità di sostentamento), sono sempre più compresse dal nostro modello sociale neo-liberista; sanitaria, perché conseguentemente alla contrazione delle disponibilità economiche individuali ed ai tagli imposti dal vigente sistema economico a tutti i servizi pubblici hanno subito riduzioni; esistenziale o fisica, ovvero quella relativa all’incolumità della persona. Tutte insieme concorrono e interagiscono, si mescolano, solo che la sicurezza fisica, a seguito di operazioni mediatiche e “culturali” condotte soprattutto negli ultimi venti anni circa, è stata trasformata e confusa con “LA SICUREZZA” per eccellenza.
Posto che la sicurezza in ogni sua forma è un BENE COMUNE come il lavoro, la salute, l’ambiente, l’educazione, la cultura ecc., si è passati dal prevalere del valore della SICUREZZA SOCIALE a quello della SICUREZZA FISICA, quella di cui “dovrebbero occuparsi solo leggi e polizia”, secondo un errato pensiero corrente.
DATI NUMERICI Da rilevare come, in tutta Europa, Italia compresa, mentre l’attenzione (e gli investimenti) delle istituzioni su sanità, istruzione, cultura, lavoro, ambiente sono calati, a fronte di un aggravamento del senso d’insicurezza collettivo e individuale in tali campi, succede l’opposto per la PERCEZIONE D’INSICUREZZA FISICA, nonostante il numero dei reati sia notevolmente diminuito. E’ difficile credere a un dato simile, visto quanto tempo è che siamo martellati dai media in senso opposto, ma le fonti sono il SERVIZIO ANALISI CRIMINALITA’ del ministero dell’interno, che trae i propri dati dalle questure, e l’ISTAT. Prima di procedere, è bene ricordare che chi studia questi dati analizza periodi medio lunghi, esaminare l’andamento dei fenomeni malavitosi da un anno all’altro è poco scientifico. Qui sono citati dati nei tempi medi, cinque anni, e nei tempi brevi, un anno.
Dati 2006 – FINE 2011:
omicidi -15%, tentati omicidi -10,8%, furti -16%, aumento delle truffe le truffe, ma è da tener presente che il grosso delle truffe è di natura informatica, e che questo genere di attività nasce a metà anni ’90.
Nel primo semestre 2012 sono aumentate, a fronte dello stesso periodo del 2011, le rapine in abitazione (+25.8%), i furti in abitazione (+17.3%), furti con destrezza (+10,1%), scippi (+6,2%);. Calate le rapine in banca, e secondo gli esperti del ministero dell’interno e delle università il quadro complessivo che ne
deriva è quello di una società meno violenta, ma improvvisamente colpita dalla crisi, che oggi spaventa più del ladro sotto casa; non criminali specializzati, ma persone disperate, rimaste senza lavoro, o senza casa, o con problemi di salute non più affrontabili economicamente, commettono piccoli reati per disperazione. Mentre si leggono questi dati, tornano in mente i proclami di Maroni e La Russa con ronde di quartiere e ff.aa. per le strade cittadine, mentre si facevano e si fanno sparire, insieme alla benzina tagliata, i poliziotti di quartiere ed il loro rapporto fiduciario con gli abitanti e la loro presenza rassicurante. La tendenza è omogenea in tutta Europa, e in Italia le cose vanno un po’ meglio rispetto a Francia, Spagna, Gran Bretagna. Ancor meglio in Germania, ma la crisi là si fa sentire meno e diversamente, soprattutto le maggiori spese sociali fanno avvertire minor INSICUREZZA GLOBALE (Istruzione, lavoro, salute).
NON CORRISPONDENZA TRA CALO DEI REATI E INSICUREZZA PERCEPITA Il 29% circa delle famiglie italiane sente minacciata la propria incolumità fisica, l’85% crede che negli ultimi 5 anni la criminalità sia aumentata. Perché i dati reali contrastano con la percezione?
Analizziamo le tipologie di persone che si sentono più minacciate: donne, anziani, minori, giovani, operai, disoccupati, redditi più bassi. Ovvero, le persone cui, di fatto, manca la sicurezza sociale. Se poi confrontiamo questi dati in rapporto ai mass – media, notiamo che le persone più esposte alla tv sono le più spaventate, in particolare se seguono trasmissioni ansiogene quali “La vita in diretta” e simili, dove un episodio di cronaca nera è riproposto per mesi.
DISINFORMAZIONE TELEVISIVA ED ELEZIONI Dall’estate 2007, inizio crisi, a tutto il 2011, le reti Mediaset e le prime due Rai hanno dato da 1100 a 1700 notizie di cronaca nera e da 147 a 327 sulla crisi mondiale-europea-italiana. Fa eccezione Rai 3, con 634 contro 270 (fonte osservatorio di Pavia). Emblematico l’omicidio di Paola Reggiani, sul quale è stata costruita la campagna mediatica per l’elezione del sindaco di Roma Alemanno. Il biennio 2007 – 2008 è stato, nella storia d’Italia, quello in cui si è visto il maggior sforzo politico e mediatico per attrarre prima l’attenzione, poi il consenso degli italiani sulla “sicurezza fisica”. Il modello a “spirale crescente” è:
“CREAZIONE/ALIMENTAZIONE DI PAURE – PROPOSTA DI SOLUZIONI SECURITARIE – IPERPRODUZIONE DI LEGGI REPRESSIVE (Fini-Giovanardi, Bossi-Fini) – TAGLI ECONOMICI E RIASSETTI DISORGANIZZANTI DELLE FORZE DELL’ORDINE – CATTIVI RISULTATI OPERATIVI VISIBILI (immigrazione) - CREAZIONE/ALIMENTAZIONE DI PAURE…..”.
SICUREZZA, DESTRA, SINISTRA Purtroppo la sinistra, o comunque le forze progressiste, hanno diffusamente considerato la sicurezza “roba da destra, da fascisti”, col risultato che non c’è mai stata un’elaborazione né culturale, né pratica di un modello di sicurezza alternativo alla “democrazia penale”, ai pacchetti sicurezza, alle ronde, all’alimentazione d’ignoranza, quindi pregiudizi, quindi chiusure escludenti e marginalizzazione – ghettizzazione; il tutto frutto della polarizzazione economica e sociale che viviamo. Mancando un percorso autonomo di crescita delle forze che dovrebbero essere innovatrici e rispettose dei diritti dei più deboli ed emarginati, purtroppo spesso vengono (mal) imitate e rincorse le politiche neo-conservatrici, col solo e fallito scopo di catturar consensi elettorali.
In Italia è sempre più forte, in campo economico sociale, il pensiero unico neo liberista, mentre non si è ancora completato il percorso liberale sul piano dei diritti.
ORDINE PUBBLICO I problemi sociali legati alla cattiva coscienza del Nord del mondo verso un Sud sempre più vicino, non solo attraverso la presenza dei migranti, ma anche con l’incremento di sacche di povertà/marginalità di cittadini italiani ed europei, anziché esser affrontati politicamente, sono sempre più trasformati in problemi di ordine pubblico. Il diritto al lavoro, al sapere, all’abitare, alla salute, al vivere in un ambiente salubre, sono sempre meno oggetto di politiche preventive e sempre più relegati a scontri di piazza. Detto questo, occorre che, come previsto dalla nostra costituzione, sia tutelato sia chi manifesta in modo civile e nonviolento le proprie ragioni, sia i lavoratori della sicurezza professionali e democratici; per queste ragioni gli agenti delle ff.oo. devono essere, a loro tutela, singolarmente individuabili (codice su casco, uniforme ecc), così come i manifestanti; non si può però pensare di avere da una parte operatori della sicurezza giustamente riconoscibili, dall’altra gruppi di travisati, talvolta militarmente schierati ed organizzati, che agiscano violentemente ed indisturbati. Si rende necessaria, in tal caso, invece di annunciate leggi speciali, una sistematica applicazione delle leggi ordinarie esistenti, attraverso l’arresto, anche differito, e l’automatico scioglimento della manifestazione. Inoltre, gli operatori della sicurezza devono avere dei protocolli e procedure di comportamento giuridicamente riconfigurati, da adottare nelle varie situazioni che si presentano in tali circostanze. L’obiettivo è tutelare chi lavora e manifesta nelle regole, isolare e colpire chiunque si renda responsabile di comportamenti illegali violenti e lesivi dell’incolumità privata.
QUALE NUOVO MODELLO DI SICUREZZA URBANA Poiché, come abbiamo visto, la sicurezza globale è frutto del rispetto della sicurezza di vari diritti (sociali), il primo punto programmatico per la sicurezza urbana è una più equa distribuzione di ben-essere, assai diverso dal ben-avere, con cui spesso lo confondiamo. Idem dicasi per il lavoro e il welfare. Occorre anche promuovere da subito crescita culturale e politiche che potranno dare risultati duraturi e radicati, ma solo col tempo. Invecchiamento demografico e impoverimento alimentano le paure, quindi servono politiche demografiche cittadine lungimiranti; i migranti devono esser visti come una risorsa, anziché minaccia. Non c’è alternativa. La sicurezza globale, che contiene quella fisica, è il risultato di percorsi partecipati e condivisi da tutte le agenzie della città, comune, prefettura, questura, organizzazioni sindacali, scuola, ma anche e soprattutto oculato studio ed uso urbanistica e architettura al servizio della qualità della vita.
Per chi dirige agenzie pubbliche che forniscono servizi non è facile, oggi, adempiere il proprio ruolo. Non solo gli enti comunali e provinciali, ma anche prefetture e questure subiscono ed hanno subito tagli economici e di risorse materiali ed umane gravissimi, mettendo così in discussione la priorità del servizio, facendo prevalere il bilancio sui diritti. Diversamente dalla produzione di beni materiali e di consumo, sanità, educazione - cultura, sicurezza, sono e devono essere servizi pubblici, non sottoposti alle logiche del mercato ma al rispetto dei diritti di cui sono oggetto. Paradossalmente, proprio i tagli di bilancio dei comuni producono non risparmio ma costi sociali, che poi si tramutano in marginalità e quindi paura ed esclusione, non solo verso i migranti ma oggi, con la crisi, anche verso i nuovi poveri italiani. In sostanza, al centro della sicurezza, insieme a un buon sistema di welfare, è la riqualificazione urbana. Sono tra loro sempre più separati i luoghi dell’abitare da quelli del comprare, del lavoro, della socializzazione, quando quest’ultima c’è. Occorre porre particolare attenzione a che le istituzioni non
siano in concorrenza tra loro, tantomeno in contrasto, al fine di progettare, condurre e realizzare percorsi (ri)qualificanti del vivere comune.
Si rende necessaria una diversa e più attuale preparazione, professionalizzazione ed impiego dei lavoratori della sicurezza, statali o degli enti locali, per uscire dalla logica, per esempio, “venditore abusivo da punire – vigile inviso a cui ribellarsi”. I drammi economico – sociali del tempo in cui viviamo, nonché i problemi derivanti da scriteriate scelte di mobilità cittadina (traffico), non possono essere scaricate dal piano politico – amministrativo, al ruolo di “vigile – sceriffo”, alla “bonifica del territorio da stranieri ecc”, alla “politica delle multe”, che vede così sprecate risorse umane, professionali ed economiche, da destinare invece ad una miglior vivibilità dei quartieri. Indispensabile un governo complessivo della città, dove non prevalgano logiche spartitorie finalizzate a imbonire, nelle migliori ipotesi gruppi economico -“politici” più o meno tra loro contigui.
Bisogna lavorare a un “piano dei tempi e degli orari”, che metta in relazione le mutate esigenze “private” col “pubblico”; attuare una politica abitativa che non crei quartieri – dormitorio, talvolta ghetto, favorendo omogeneità sociale e fragilità degli abitanti di un quartiere, ma che al contrario orienti verso la “contaminazione reciproca”, soprattutto sul piano culturale. Un esempio da citare è il comune di Rotterdam, che assegna le case alle famiglie cercando di disomogeneizzare culture, lingue, religioni, abitudini: gli abitanti dello stesso quartiere, olandesi e non, si dicono soddisfatti per aver conosciuto ed imparato culture diverse.
Realizzazione di centri commerciali “templi del modello consumistico”, delocalizzazione del lavoro, quartieri lontani e isolati, sono la perfetta ricetta della società non coesa, consumista, improduttiva, marginalizzante. I centri si svuotano e degradano e le periferie, abitative e commerciali, si riempiono di frequentatori, non di abitanti, dove non ci si conosce e cresce insieme, ma ci si incontra velocemente, consumando beni materiali e relazioni personali, dal fast food al “fast know”. Aggiungiamoci i vari ”poli ambientali” quali discariche periferiche, rigassificatori e inceneritori, ed è completo il quadro dei motivi per i quali aumenta il senso di (IN)SICUREZZA GLOBALE. Con l’insufficiente politica dell’integrazione e dell’intercultura (riferite non solo ai migranti, ma a tutti gli abitanti della città), è ovvio che l’ignoranza e, quindi, le paure, prendano il sopravvento.
Manutenzione della città, riprogettazione dei servizi di polizia e di quartiere, prossimità, cooperazione tra e con i cittadini, sono più economici ed utili dell’alta tecnologia (telecamere), chiusura sociale, escalation securitaria.
Anche l’ostentazione mediatica di un'annunciata, maggior presenza numerica dei tradizionali addetti alla sicurezza fisica, in altre parole le forze dell’ordine, non è realisticamente foriera di maggior sicurezza reale. Talvolta si registra in più zone del territorio nazionale la presenza sui media, pressoché quotidiana, di automezzi di polizia, indagini, arresti, commenti, dichiarazioni dei locali vertici delle questure. Tale “politica”, lungi dal rassicurare i cittadini più sensibili alla sicurezza, li pone continuamente davanti a “quanti reati ci sono”, “quanto aumentano – diminuiscono”, “quanta risposta fisica delle ff.oo. c’è”.
Fermo restando, quando c’è, l’apprezzabile incremento del numero di volanti sul territorio, la sbandierata ma irrealistica implementazione delle politiche securitarie, ma non “sicure”, da parte dei massimi organi cittadini di polizia, contribuisce ad alimentare il fuorviante dilemma “quanti poliziotti, quanti reati”. In un momento d’indisponibilità di risorse finanziarie, umane e di mezzi (autoveicoli destinati al controllo del territorio, computer ecc.), sarebbe più oculato investire maggiormente nei
servizi d’”intelligence” e sull’impiego di un maggior numero di poliziotti di quartiere, che hanno un contatto ed una relazione più capillare con gli abitanti, aumentano il senso di sicurezza percepita. Oggi si usa sostituire le carenze politiche ed economiche con un linguaggio rassicurante, usando molto parole quali “grande serenità”, “innovazione”, “modernità”, “ricalibrare”, “adeguare alle esigenze”, annunciando provvedimenti, novità, ecc, salvo poi verificare che le parole sono spesso contraddette dai dati tangibili. La realtà è diversa, e spesso questo stile cerca comprensibilmente di coprire tagli, arbitrariamente di comprimere diritti. Cittadine, cittadini ed addetti ai lavori se ne accorgono, ne conseguono demotivazione, sfiducia, distacco.
Come sindacato capiamo le ragioni di chi agisce con questo stile e con capacità usa il linguaggio e l’immagine in mancanza di risorse, ma come si diceva prima, chi lavora nella scuola, nella sanità e nella sicurezza deve prima di tutto esser mosso da forte motivazione, e non è detto, se non ci si pone nel giusto modo, che aver più personale sanitario operativo, più docenti e più poliziotti voglia dire automaticamente avere miglior sanità, miglior scuola e miglior sicurezza. Talvolta la demotivazione, di varia natura, può esser così forte da ridurre la qualità nonostante la quantità. Se da chi opera nei servizi sociali si vuole un miglior prodotto per l’utenza, la motivazione dev’essere adeguata; viceversa, avremo “solo”, per così dire, la garanzia dei servizi minimi dovuti. Come o.s. confederale ambiamo a proporre percorsi motivanti e produttivi, in un combinato diritti dei lavoratori della sicurezza/diritti dell’utenza. Promuoviamo compartecipazione con istituzioni, cittadini, organizzazioni di ogni tipo, come ad esempio l’esperienza iniziata con lo SPI – CGIL, che prossimamente si tradurrà in iniziative capillari con le leghe territoriali, a diretto contatto con gli abitanti dei quartieri, in particolare donne e anziani, maggiormente spaventati e spaventabili.
L’opera di prevenzione non consiste soltanto nella visibilità di uniformi, pur importante, ma nella riqualificazione manutentiva delle strade, dei presidi di socializzazione, nell’illuminazione, nell’uso di parchi pensati per bambini e anziani, soprattutto nell’interazione e nel concetto di prossimità, fondamentale in un rapporto di compartecipazione reale, non solo artatamente annunciata. Si tratta sostanzialmente di agire in positivo e non in difesa, costruire sicurezza partecipata e condivisa con i cittadini, ancor prima che “sorvegliare e punire”.
Febbraio 2013