domenica 21 luglio 2019

Estratto Atti convegno : “L’ingegneria naturalistica nella riqualificazione ambientale delle cave in Campania” - Napoli 12 Giugno 2007 di Ciro Costagliola


Introduzione 
L’obiettivo fondamentale delle scienze che operano nell’ambito della conservazione e riqualificazione ambientale, delle normative ad esse correlate che via via si stanno adot-tando in tutti i Paesi progrediti e delle relative procedure di attuazione, è quello di cono-scere approfonditamente e contestualmente, conservare e proteggere le risorse ambien-tali nel loro complesso, secondo un equilibrato rapporto di valori, recuperando inoltre, per quanto possibile, il deterioramento del territorio provocato soprattutto nell’ultimo secolo. Per troppo tempo si sono privilegiate solo alcune componenti ambientali, tipi-camente quelle antropiche di tipo socio-economico, senza il giusto rispetto per la con-servazione delle risorse naturali a cominciare da quelle esauribili.
Tra i problemi ambientali di maggiore urgenza, quello rappresentato dalle cave dismes-se si distingue per la notevole complessità degli aspetti e delle competenze coinvolte.
Per la bonifica delle aree di cava, intervento propedeutico al recupero con tecniche di rinaturalizzazione, è necessaria la predisposizione di un piano di risanamento mirato e sviluppato sulla base di una accurata campagna di indagini.
Gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere sono ovviamente funzione sia delle condi-zioni dell’area da recuperare, sia dell’ambiente circostante che giocoforza condiziona le scelte, sia, ma non in ordine di importanza, delle risorse economiche disponibili: fattore quest’ultimo che, come in ogni ipotesi progettuale, condiziona gli obiettivi, la scelta del-le tecniche di recupero e i tempi di realizzazione dell’intervento.
La finalità dell’intervento è che si instauri quel lentissimo processo naturale di evolu-zione verso il climax senza la necessità di azioni successive. L’intervento dell’uomo de-ve avere il solo scopo di accelerare i tempi di naturalizzazione del sito dismesso: infatti la natura da sola riuscirebbe a mitigare quella ferita prodotta dall’intervento estrattivo, ma con tempi molto lunghi se rapportati ai tempi biologici dell’uomo.

Inquadramento geografico e climatico
Preliminarmente è necessario acquisire tutti i dati sull’area dismessa da recuperare: su-perficie, altitudine, esposizione, venti, stato di degrado, caratteristiche pedologiche, ve-getazione, presenza di inquinanti, uso antropico, distanza da abitazioni, distanza dal centro urbano, distanza dal mare e da corsi d’acqua, facilità di accesso, distanza da elet-trodotti, viadotti, strade ferrate.
Poi si passa all’acquisizione dei dati relativi all’area circostante che, oltre alla raccolta dei dati acquisiti per il sito, prevede un’accurata indagine climatica dei dati termoplu-viometrici, fondamentali per la buona riuscita dell’intervento.

Flora e fauna
Si passa alla caratterizzazione del sito con la descrizione dell’area circostante. Importan-te è una buona indagine vegetazionale che ha lo scopo di classificare le piante presenti per poi indirizzare l’intervento con scelte che rispettino il più possibile l’ambiente cir-costante. Lo studio vegetazionale verrà eseguito attraverso l’applicazione del metodo fitosociologico. Le unità vegetazionali così individuate (associazioni) verranno riportate in uno schema sintassonomico e per ciascuna associazione verrà fornita una descrizione per quanto riguarda la composizione floristica, la distribuzione, l’ecologia e l’importanza geobotanico-naturalistica.
Deve seguire poi un’accurata indagine faunistica. L’analisi scaturisce dall’esame di bi-bliografia e studi che negli anni si sono effettuati relativamente al territorio. Un suo si-gnificato ha la presenza della fauna terrestre che, in un ambiente abbandonato, ha gia trovato il suo naturale inserimento.

Obiettivi del progetto di rinaturalizzazione
L’intervento si deve porre come primo obiettivo quello di mirare alla rinaturalizzazione del sito in tempi ragionevoli attraverso la simulazione o la ricostituzione di un ambiente naturale, un habitat che ospita la massima variabilità di organismi vegetali.
Altro aspetto da non trascurare è sicuramente la successiva manutenzione dell’area; le scelte potranno prediligere l’esigenza di un intervento che preveda una manutenzione ridotta al minimo indispensabile e concentrata nel primo anno di impianto. Accrescere la naturalità del sito, favorire la moltitudine di insetti, la varietà di ambienti, rispettare la naturalità del luogo, arricchire l’area, aggiungendo particolari, piante e sistemazioni, atte ad aumentare la variabilità ambientale aumenterà il naturale reinsediamento della microfauna che consentirà la nidificazione dei piccoli uccelli insettivori; con il tempo si formeranno fitti cespugli di vegetazione intricata.
Il progetto non può quindi prescindere dalla profonda conoscenza delle specie vegetali autoctone, di quelle alloctone ed il loro utilizzo per l’uso ornamentale, oltre alla cono-scenza di basi di biologia degli ecosistemi locali. Le specie vegetali autoctone e le loro cultivar offrono una gamma quasi infinita di possibilità per soddisfare ogni esigenza, sia estetica sia pratica, con il grande vantaggio di adattarsi meglio e più facilmente ad un ambiente ricostruito e di richiedere quindi minore manutenzione rispetto alle specie di altra provenienza.

Criteri di scelta
E’ di primaria importanza, nella progettazione di un intervento di rinaturalizzazione, considerare l’ambiente in cui esso è inserito. Il clima, il paesaggio, le tipologie vegetali presenti cambiano molto man mano che ci si sposta lungo la penisola, e la sistemazione del sito dovrebbe integrarsi perfettamente e in maniera armoniosa in essi. E’ noto inoltre che lo stesso verrà influenzato dal quadro naturale circostante: è bene quindi valutare tutti gli elementi che compongono il paesaggio limitrofo. Tutto ciò servirà a raggiungere lo scopo di creare qualcosa di armonico.
E’ importante creare un’area che si fonda perfettamente con lo spirito del luogo in modo da non dare adito a “fratture” a forte impatto visivo, fermo restando l’obiettivo principa-le che è quello di bonificare e rinaturalizzare la sede della cava in disuso.
Da non sottovalutare l’azione del vento che d’inverno acuisce l’effetto del freddo e d’estate con l’aumento della traspirazione determina notevoli problemi.
La scelta dovrà essere indirizzata verso specie autoctone arboree, erbacee ed arbustive ad alto valore ecologico e biologico e a protezione dagli elementi di disturbo. E’ la pro-gettazione vera e propria dell’intervento che tiene conto dell’esistente e cerca di neutra-lizzare o attenuare quegli elementi che impediscono l’evoluzione naturale verso il cli-max. L’intervento può comportare l’impianto di specie pioniere ad alto valore ecologico e la difesa meccanica del suolo. Sarà utile un monitoraggio, a scadenze stabilite, delle conseguenze dell’intervento, comparsa di individui provenienti da aree adiacenti, e la loro naturale evoluzione.
In sostanza, i principi da adottare per la progettazione della sistemazione del sito devo-no soddisfare contemporaneamente la duplice esigenza dell’ambiente naturale, basando-si soprattutto su di un’ampia e solida conoscenza delle specie vegetali, e la creazione di spazi cespugliati alternati a quelli aperti, l’impiego e la disposizione degli arbusti e delle specie erbacee perenni ed annuali, le sapienti proporzioni tra le specie sempreverdi e caducifoglie, sono i principi guida alla base del corretto approccio alla progettazione naturalistica di uno spazio.
Negli anni dovrà rappresentare un ambiente vario, che offra molte e diverse fonti di cibo (insetti, semi, frutti), rifugio (cespugli, siepi, rampicanti), con differenziate situazioni, ricco di piante indigene nei diversi strati vegetazionali: un ambiente che simuli in prati-ca l’habitat naturale per sua natura pluristratificato.
Vanno individuate e scelte piante pioniere che devono essere in grado di sopravvivere su terreni impoveriti ed esposti a forte irraggiamento solare dovuto alla scarsa copertura arborea, siccità prolungata nel periodo estivo, sbalzi di temperatura, chimismo alterato del suolo.

Interventi da eseguire
L’intervento di sistemazione del sito si inserisce nella fase progettuale seguente la rea-lizzazione di strutture ed infrastrutture, a seconda della destinazione finale che si vorrà dare all’area.
In base ai risultati delle indagini pedologiche si procederà ad un adeguato riporto di ter-reno vegetale. Il suo reperimento non è facile ma, conoscendo per tempo l’esecuzione di opere di sterro che si realizzano nelle vicinanze, si potranno programmare i lavori di ri-porto in funzione della disponibilità del terreno vegetale da trasportare.
La scelta di specie vegetali va limitata ad un numero contenuto in quanto nel terreno di riporto che si utilizzerà per l’intervento naturalmente saranno presenti semi, rizomi e parti di piante che daranno origine a nuove piante, oltre alla naturale disseminazione a-nemofila e ornitofila che farà il resto.
Per le specie erbacee ci si deve orientare generalmente verso un miscuglio di gramina-cee, brassicacee e leguminose al fine di equilibrare l’intervento.
La presenza di scarpate potrà consentire l’impiego di gradonate vive, graticciate, gab-bionate rinverdite, palificate vive aventi funzione di consolidamento.
Va esaminata la possibilità di poter utilizzare il sistema dell’idrosemina.
La piantagione delle specie vegetali dovrà essere realizzata in modo da garantire una copertura omogenea del sito concentrando la piantagione in alcuni punti a macchie, e lasciandole più rade in altre al fine di simulare una paesaggio naturale. Il periodo ideale dipende da due parametri fondamentali: la persistenza delle foglie e la possibilità di irri-gazione. Per quanto riguarda il primo aspetto, le specie sempreverdi si piantano in set-tembre-ottobre oppure in marzo-aprile, quelle decidue si pongono a dimora in inverno. Certamente l’ambiente in cui verrà realizzata la piantagione di arbusti è asciutto pertan-to è opportuno intervenire in condizioni favorevoli di umidità del terreno.

Conclusioni
La buona riuscita dell’intervento di rinaturalizzazione è legata all’attenzione che si ha nella realizzazione della stessa con particolare riguardo alla scelta delle specie da intro-durre e al periodo di intervento.
Il risultato sarà la dimostrazione di come una cava che ha la caratteristica di un forte impatto ambientale sul territorio può essere trasformata in un sito rinaturalizzato.
Gli enti interessati potranno patrocinare azioni di divulgazione del progetto di rinatura-zione quale risultato da replicare e sostenere in un momento in cui la problematica delle cave è fortemente sentita. Le scuole potranno organizzare visite naturalistiche dove si potranno mostrare i risultati e la riambientazione della flora mediterranea nonché della fauna sia stanziale che di passaggio.

Limoncino: in una cava dismessa, non si può aprire una discarica, si risagoma e si piantuma.di Daria Faggi


Gli ultimi sviluppi della vicenda tra cittadini ambientalisti e istituzioni regionale e locale, hanno dell’incredibile, perché sbagliare è umano ma perseverare denota un’arroganza inaccettabile.
La tecnica di rinaturalizzazione delle cave segue ormai iter ben noti e uniformi in tutto il paese, e a queste buone pratiche si sono allineate le normative di regioni e ARPAT senza deroghe.
In pratica si tratta di risagomare il fronte della cava da chiudere, con sabbie ghiaie e terriccio per ripiantumare, dopo attenti studi ambientali per garantire una vegetazione omogenea con quella della zona e per non alterare il deflusso delle acque meteoriche e sorgive.
Al massimo si può consentire di conferire in una cava chiusa materiali inerti da demolizione (quali laterizi e pietrame avendo cura di verificare assenza di residui di amianto o di calce) e terre da scavo di fondazioni (ma mai e poi mai si può pensare di aprire una discarica di rifiuti urbani, tantomeno speciali) in una cava dismessa.
Questo è quanto abbiamo sostenuto sempre come OTU, in totale sintonia col comitato di Limoncino.
Tra l’altro anche nel caso di riutilizzo della cava quale area o parco ecologico per visite e studi a carattere geologico, le strutture di accoglienza devono essere calibrate, onde non impermeabilizzare il terreno oltre il 30% per non alterare gli equilibri idrogeologici...
Dunque un’impermeabilizzazione estesa quale quella prevista in una discarica (che produce percolato) è decisamente dannosa.
In allegato vi propongo alcune documentazioni che bene chiariscono i concetti qui esposti con estrema sintesi, per chi avesse voglia di approfondire il problema. 


 Daria Faggi dell'OTU