martedì 22 marzo 2016

Salvaguardare gli orti urbani in Via Goito come segnale di un nuovo modo di pensare all’urbanistica.


Abbiamo apprezzato dalla prima ora la scelta degli orti urbani, nata da una costola del movimento ex caserma DEL FANTE, perché ha caratteristiche assai interessanti e rappresenta un modello esportabile.
E’ una esperienza assai diversa della vicenda Limoncino orti urbani, dove la voglia di tornare a curare la terra e il gusto di mangiare ortaggi autoprodotti (con fatica certo ma anche con soddisfazione) si è miscelata alla voglia di bungalow rustico, trasformando in questo modo un progetto d’ uso agricolo del territorio verde in una brutta realtà di piccolo abusivismo, tipico di un paese senza grandi tradizioni di comportamento civico e democratico e con scarso rispetto delle regole.
La storia dei nuovi orti urbani viceversa  è nata da un atteggioamento nuovo e moderno all'insegna di un forte senso civico, di un riconoscimento del territorio come BENE COMUNE, di una nuova e riconosciuta volontà di prendersi cura dell' ambiente urbano, recuperando aree abbandonate e mai curate dalla proprietà, fino a diventare discariche tra rottami rovi e cespugli incolti.
Un’operazione dunque a cui riconosciamo un alto valore etico, al di la del giusto piacere e ricompensa
condivisa nel collettivo, di gustarsi ortaggi genuini e gustosi.
L'area di questa pratica è una delle decine di zone di trasformazione, cuore e programma di quella urbanistica contrattata, contro la quale si è formato il primo nucleo originario dell'OSSERVATORIO TRASFORMAZIONI URBANE, che allora, quasi 20 anni fa, si chiamò Osservatorio sulla Porta a Mare proprio per combattere la cementificazione selvaggia in quest’area sensibile soggetta a trasformazione; battaglia sul fronte mare ormai persa.
Ovviamente queste aree sono state definite, nel Piano Cagnardi in vigore, in base all’appetibilità di mercato, in luoghi ben serviti, centrali e semicentrali, dove la rendita poteva guadagnare tanto da permettersi di consegnare al comune per uso pubblico 80% dell'area da trasformare.
Dunque effettivamente non si può parlare di nuova edificazione, ma semmai vecchia e residuale cementificazione di una stagione tragica di urbanistica contrattata che tanti danni ha prodotto nel territorio, e altri ne produrrà soprattutto sul fronte del mare nella Stazione Marittima, con le nuove costruzioni previste e approvate da giunta e opposizione. Dal vecchio piano molto ancora resta da realizzare.
Basta pensare anche solo alla Stazione S. Marco dove sono previsti 35.000 mq di superficie; mentre altre volumetrie si possono realizzare in Via Mayer e in altre parti della città, senza dimenticae l’Abitare sociale (si fa per dire) a Coteto.
Francamente pensavamo che dove non è arrivato il buon senso a limare i denti dei palazzinari fosse arrivata la crisi. Detto questo non mettiamo in dubbio il diritto della coop. proprietaria di costruire sul bordo dell'area, per una striscia pari al 20%, le sue agognate casette, semmai ne contestiamo la pubblica utilità.
Tra l'altro l'intervento è legato a una serie di trasferimenti di indici da un'area all'altra, secondo la logica dell'urbanistica contrattata.
L'invito di B.L. di rivedere e fare il punto in commissione sullo stato della trasformazione nelle aree previste dal Prg per verificare se sistono condizioni di spostamento degli indici, va accettato anche se appare  un pò tardivo.
La nostra presa di posizione tardiva è dovuta all’affanno con cui operiamo in assenza di una opportuna informazione e della determinazione dell’AC a trovare forme di partecipazione per aprirsi al confronto con la città sulle scelte urbanistiche, ignorando che questo comportamento può provocare anche contestazioni rabbiose, proteste o comunque incomprensioni.
Chi governa deve operare scelte politiche realistiche, ma anche rispettose delle promesse elettorali, quindi, in questo caso, avviando da subito, nel dovuto rispetto dell’esperienza in atto e della salvaguardia degli orti, un confronto con il comitato e con gli abitanti della zona.
Altre questioni importanti: 
-   È necessario abbandonare il dannoso scorporo degli oneri di urbanizzazione: va contro il pubblico interesse;
-                      È necessario rivedere la progettazione del parco pubblico: niente finte fattorie modello al posto degli attuali orti già impiantati, ma interventi leggeri come un utile sistema di irrigazione e la costruzione di una struttura di servizio non invasiva ( che eviti steccati e manufatti ) e che possa rappresentare anche un punto di riferimento e di socializzazione degli operatori con il vicinato per la condivisione delle esperienze e del frutto del proprio lavoro .
Sollecitiamo quindi l'assessore all'urbanistica a superare l’atteggiamento di riluttanza a condividere con la città  il frutto delle fatiche sue e dei suoi tecnici, in totale controtendenza rispetto al programma elettorale, a cui certamente aveva aderito.
Per l’osservatorio
Simona Corradini - Daria Faggi -Tomaso Tocchini

Livorno 22 marzo 2016