Abbiamo apprezzato dalla prima ora la scelta degli orti
urbani, nata da una costola del movimento ex caserma DEL FANTE, perché ha
caratteristiche assai interessanti e rappresenta un modello esportabile.
E’ una esperienza assai diversa della vicenda Limoncino orti
urbani, dove la voglia di tornare a curare la terra e il gusto di mangiare
ortaggi autoprodotti (con fatica certo ma anche con soddisfazione) si è
miscelata alla voglia di bungalow rustico, trasformando in questo modo un
progetto d’ uso agricolo del territorio verde in una brutta realtà di piccolo
abusivismo, tipico di un paese senza grandi tradizioni di comportamento civico
e democratico e con scarso rispetto delle regole.
La storia dei nuovi orti urbani viceversa è nata da un atteggioamento nuovo e moderno all'insegna
di un forte senso civico, di un riconoscimento del territorio come BENE COMUNE,
di una nuova e riconosciuta volontà di prendersi cura dell' ambiente urbano,
recuperando aree abbandonate e mai curate dalla proprietà, fino a diventare
discariche tra rottami rovi e cespugli incolti.
Un’operazione dunque a cui riconosciamo un alto valore
etico, al di la del giusto piacere e ricompensa
condivisa nel collettivo, di gustarsi ortaggi genuini e
gustosi.
L'area di questa pratica è una delle decine di zone di
trasformazione, cuore e programma di quella urbanistica contrattata, contro la
quale si è formato il primo nucleo originario dell'OSSERVATORIO TRASFORMAZIONI
URBANE, che allora, quasi 20 anni fa, si chiamò Osservatorio sulla Porta a Mare
proprio per combattere la cementificazione selvaggia in quest’area sensibile
soggetta a trasformazione; battaglia sul fronte mare ormai persa.
Ovviamente queste aree sono state definite, nel Piano Cagnardi
in vigore, in base all’appetibilità di mercato, in luoghi ben serviti, centrali
e semicentrali, dove la rendita poteva guadagnare tanto da permettersi di
consegnare al comune per uso pubblico 80% dell'area da trasformare.
Dunque effettivamente non si può parlare di nuova
edificazione, ma semmai vecchia e residuale cementificazione di una stagione
tragica di urbanistica contrattata che tanti danni ha prodotto nel territorio,
e altri ne produrrà soprattutto sul fronte del mare nella Stazione Marittima, con
le nuove costruzioni previste e approvate da giunta e opposizione. Dal vecchio
piano molto ancora resta da realizzare.
Basta pensare anche solo alla Stazione S. Marco dove sono
previsti 35.000 mq di superficie; mentre altre volumetrie si possono realizzare
in Via Mayer e in altre parti della città, senza dimenticae l’Abitare sociale
(si fa per dire) a Coteto.
Francamente pensavamo che dove non è arrivato il buon senso a
limare i denti dei palazzinari fosse arrivata la crisi. Detto questo non
mettiamo in dubbio il diritto della coop. proprietaria di costruire sul bordo
dell'area, per una striscia pari al 20%, le sue agognate casette, semmai ne
contestiamo la pubblica utilità.
Tra l'altro l'intervento è legato a una serie di
trasferimenti di indici da un'area all'altra, secondo la logica
dell'urbanistica contrattata.
L'invito di B.L. di rivedere e fare il punto in commissione
sullo stato della trasformazione nelle aree previste dal Prg per verificare se
sistono condizioni di spostamento degli indici, va accettato anche se appare un pò tardivo.
La nostra presa di posizione tardiva è dovuta all’affanno
con cui operiamo in assenza di una opportuna informazione e della
determinazione dell’AC a trovare forme di partecipazione per aprirsi al
confronto con la città sulle scelte urbanistiche, ignorando che questo
comportamento può provocare anche contestazioni rabbiose, proteste o comunque
incomprensioni.
Chi governa deve operare scelte politiche realistiche, ma anche
rispettose delle promesse elettorali, quindi, in questo caso, avviando da
subito, nel dovuto rispetto dell’esperienza in atto e della salvaguardia degli
orti, un confronto con il comitato e con gli abitanti della zona.
Altre questioni importanti:
- È necessario
abbandonare il dannoso scorporo degli oneri di urbanizzazione: va contro il
pubblico interesse;
-
È necessario rivedere la progettazione del parco pubblico: niente
finte fattorie modello al posto degli attuali orti già impiantati, ma interventi
leggeri come un utile sistema di irrigazione e la costruzione di una struttura
di servizio non invasiva ( che eviti steccati e manufatti ) e che possa rappresentare
anche un punto di riferimento e di socializzazione degli operatori con il
vicinato per la condivisione delle esperienze e del frutto del proprio lavoro .
Sollecitiamo quindi l'assessore all'urbanistica a superare
l’atteggiamento di riluttanza a condividere con la città il frutto delle fatiche sue e dei suoi
tecnici, in totale controtendenza rispetto al programma elettorale, a cui
certamente aveva aderito.
Per l’osservatorio
Simona Corradini - Daria
Faggi -Tomaso Tocchini
Livorno 22 marzo 2016