venerdì 29 novembre 2013
mercoledì 27 novembre 2013
COMUNICATO STAMPA SULLA BELLANA di Leonardo Bertelli Osservatorio Trasformazioni Urbane
Approdo alla
Bellana
Poiché è in corso la procedura di
approvazione del piano regolatore del porto ed il Comune ha adottato una apposita variante anticipatrice
al piano strutturale ed al regolamento urbanistico per l`approvazione di tale
piano regolatore ed inoltre domattina al LEM verrà presentato il
progetto di approdo (o ormeggio) alla Bellana, compreso appunto nel suddetto
piano regolatore portuale, con l’obbiettivo (sottinteso) di spostarvi le barche
di piccole dimensioni attualmente ormeggiate nei “fossi”, appare necessario
porre oggi alcune domande:
•
Chi ha stabilito che le barche nei fossi livornesi
non possono stazionare
?
•
Chi ha stabilito che le barche nei fossi sono una
“bruttura” ?
•
A quale canone estetico i decisori di cui sopra fanno
riferimento ?
•
Dato che i materiali terrosi vengono trasportati
dalle correnti costiere da nord a sud, ed è evidente che provengono per lo più
dal sistema fluviale della valle dell'Arno (a nord) e non dalla costa rocciosa a
sud di Livorno, non si ritiene che la chiusura a sud delle aree portuali
incrementi il loro interramento ?
•
Per quale ragione non può essere destinato all'approdo
turistico l'intero porto mediceo e la darsena nuova opportunamente restaurata
?
•
Se le barche nei fossi sono una “bruttura” per quale
procedimento divengono una “bellezza” trasferite alla Bellana ? Potenza del nome
?
•
Quanti posti auto sono ritenuti necessari a servizio
dell’approdo e dove vengono situati ? continueremo ad utilizzare la passeggiata
a mare lungo riva in un “parcheggio a mare” aumentandone le dimensioni
?
•
Qual è la dimensione dell'investimento finanziario
preventivato per l'approdo alla Bellana ? chi investe tali risorse ed intende
recuperarle ? quanto costerà l’acquisto o il noleggio dei posti barca
?
•
Quanti posti di lavoro continui e non occasionali
possono derivare dall'investimento? Oppure si tratta di una consueta operazione
“mordi e fuggi” per impoverire ulteriormente l'economia livornese (vedi porta a
mare)?
•
Qual è l’interesse della collettività livornese
?
•
Come mai il Comune di Livorno ha così
rapidamente sposato l'iniziativa con una variante (sostanziale) per un progetto
valutato negativamente e abbandonato fin dagli anni '70 ?
•
La La Soprintendenza per i Beni
Architettonici, Paesaggistici,
Artistici, Storici ed
Etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno che (stranamente, dopo trenta anni di opposizione )
pare aver approvato l’iniziativa, quali limiti e condizioni ha posto
?
•
Il progetto in
presentazione al LEM è diverso dalle indicazioni contenute nel pano regolatore
portuale ?
•
L’inglobamento
nell’area di approdo dello Scoglio della Regina ne implica l’utilizzo ai fini
delle attività “approdistiche” e la limitazione (o abbandono) delle attività
universitarie attualmente insediate?
•
Non si ritiene opportuno che insieme all’annunciato
(dal Sindaco) stop all’ulteriore consumo di territorio sia posto fine al consumo
di aree marine, non necessarie all’attività portuale, e della relativa linea
costiera ?
L’Osservatorio Trasformazioni Urbane
(OTU) non nasconde che si è da tempo espresso negativamente all’ approdo con
motivazioni paesaggistiche, economiche ed urbanistiche, derivanti dagli elementi
progettuali accessibili, ritiene comunque necessario ottenere risposte puntuali
ai dubbi sopra espressi per un giudizio definitivo.
sabato 2 novembre 2013
Risposta al Presidente del consiglio Enrico Bianchi
di Leonardo Bertelli
del Comitato per un Ospedale Nuovo in viale Alfieri
Ritengo che una risposta a quanto affermato dal presidente del Consiglio Comunale Enrico Bianchi sia non solo necessaria ma doverosa da parte di chi ha sostenuto e continua a sostenere che la scelta della localizzazione del nuovo ospedale a Montenero basso sia inutilmente dispendiosa, dannosa per l'assetto urbanistico, portatrice di spreco di risorse economiche e di territorio, contraria ad una corretta gestione dei valori del paesaggio e delle aree pubbliche ; inoltre, come risulta evidente, comporta un opera di dimensione eccedente l’economia locale, inutile per dare risposta alla crisi del settore edile livornese.
Nessuno di coloro che contrastano la scelta di localizzazione sulle pendici collinari è contrario ad un ospedale nuovo ; semplicemente ritiene che le aree del vecchio ospedale di viale Alfieri e dintorni siano sufficienti ed adatte per non sprecare quanto fino ad oggi speso e realizzato e che la collettività dovrà spendere e realizzare nei prossimi dieci anni per mantenere in efficienza l'ospedale esistente ; non l'affermiamo solo noi, ma viene evidenziato fino dal 2008 dal piano predisposto dall'allora direttore Mariotti, apprezzato allora dal Consiglio Comunale, e riaffermato persino nell'accordo tra ASL 6, Comune e Regione per la realizzazione della nuova struttura.
Chiederemo quindi ai prossimi candidati alla guida della città di dichiarare esplicitamente la volontà di fermare una scelta di localizzazione sciagurata, che è scaturita da uno scarso dibattito (il sindaco Cosimi lo definì “carsico” cioè sotterraneo e nascosto) ed una mancata partecipazione in forme diverse dei cittadini che ora, numerosi, firmano l'appello contro lo spostamento.
Portiamo ad esempio la prima operazione necessaria al nuovo insediamento : per cominciare i lavori è necessaria la demolizione della sede attuale della RSA “PASCOLI” (non vecchia e funzionante), con lo spostamento nei vecchi padiglioni di viale Alfieri (4° e 5°), con una spesa preventivata di 10 milioni di euro: in cambio il comune cederà all’ASL 6 il terreno per la costruzione dell’Ospedale. Spiegazione : per avere una attrezzatura che già esiste e funziona, in zona tranquilla e salubre, ne verrà ottenuta un'altra in zona definita discutibilmente “non salubre” (secondo le valutazioni dei tecnici comunali) ed in più verrà ceduta un area pubblica, già destinata a parco; cioè per avere un servizio pubblico in condizioni peggiori, si spenderanno 10 milioni di euro(prezzi preventivati nel 2010, ma quanto alla fine dei lavori ?) ed in più si cederà, senza compenso, per cementificarla, un’ area verde di 14 ettari, pubblica, da proteggere e destinare a parco.
Qual è la razionalità di tale scelta amministrativa ? qual è l’interesse della comunità da tutelare ?
Vogliamo chiedere agli amministratori comunali e ai militanti dei partiti che sostengono il trasferimento a Montenero e che parlano di scelta “sostenuta dai cittadini” : siete andati a votare per sostenere la vostra indicazione al referendum del novembre 2010 ?
Se ci siete andati avete perso, perché su 28.313 voti validi, ben 20.738 (73,6%) si sono dichiarati per la costruzione di un nuovo ospedale in viale Alfieri; se non siete andati a votare avete comunque perso un’occasione di democrazia e non avete sostenuto le vostre idee. Non è vero che chi tace acconsente (a cosa ?), chi tace semplicemente sta zitto, e nel caso del dott. Bianchi è la scelta migliore.
del Comitato per un Ospedale Nuovo in viale Alfieri
Ritengo che una risposta a quanto affermato dal presidente del Consiglio Comunale Enrico Bianchi sia non solo necessaria ma doverosa da parte di chi ha sostenuto e continua a sostenere che la scelta della localizzazione del nuovo ospedale a Montenero basso sia inutilmente dispendiosa, dannosa per l'assetto urbanistico, portatrice di spreco di risorse economiche e di territorio, contraria ad una corretta gestione dei valori del paesaggio e delle aree pubbliche ; inoltre, come risulta evidente, comporta un opera di dimensione eccedente l’economia locale, inutile per dare risposta alla crisi del settore edile livornese.
Nessuno di coloro che contrastano la scelta di localizzazione sulle pendici collinari è contrario ad un ospedale nuovo ; semplicemente ritiene che le aree del vecchio ospedale di viale Alfieri e dintorni siano sufficienti ed adatte per non sprecare quanto fino ad oggi speso e realizzato e che la collettività dovrà spendere e realizzare nei prossimi dieci anni per mantenere in efficienza l'ospedale esistente ; non l'affermiamo solo noi, ma viene evidenziato fino dal 2008 dal piano predisposto dall'allora direttore Mariotti, apprezzato allora dal Consiglio Comunale, e riaffermato persino nell'accordo tra ASL 6, Comune e Regione per la realizzazione della nuova struttura.
Chiederemo quindi ai prossimi candidati alla guida della città di dichiarare esplicitamente la volontà di fermare una scelta di localizzazione sciagurata, che è scaturita da uno scarso dibattito (il sindaco Cosimi lo definì “carsico” cioè sotterraneo e nascosto) ed una mancata partecipazione in forme diverse dei cittadini che ora, numerosi, firmano l'appello contro lo spostamento.
Portiamo ad esempio la prima operazione necessaria al nuovo insediamento : per cominciare i lavori è necessaria la demolizione della sede attuale della RSA “PASCOLI” (non vecchia e funzionante), con lo spostamento nei vecchi padiglioni di viale Alfieri (4° e 5°), con una spesa preventivata di 10 milioni di euro: in cambio il comune cederà all’ASL 6 il terreno per la costruzione dell’Ospedale. Spiegazione : per avere una attrezzatura che già esiste e funziona, in zona tranquilla e salubre, ne verrà ottenuta un'altra in zona definita discutibilmente “non salubre” (secondo le valutazioni dei tecnici comunali) ed in più verrà ceduta un area pubblica, già destinata a parco; cioè per avere un servizio pubblico in condizioni peggiori, si spenderanno 10 milioni di euro(prezzi preventivati nel 2010, ma quanto alla fine dei lavori ?) ed in più si cederà, senza compenso, per cementificarla, un’ area verde di 14 ettari, pubblica, da proteggere e destinare a parco.
Qual è la razionalità di tale scelta amministrativa ? qual è l’interesse della comunità da tutelare ?
Vogliamo chiedere agli amministratori comunali e ai militanti dei partiti che sostengono il trasferimento a Montenero e che parlano di scelta “sostenuta dai cittadini” : siete andati a votare per sostenere la vostra indicazione al referendum del novembre 2010 ?
Se ci siete andati avete perso, perché su 28.313 voti validi, ben 20.738 (73,6%) si sono dichiarati per la costruzione di un nuovo ospedale in viale Alfieri; se non siete andati a votare avete comunque perso un’occasione di democrazia e non avete sostenuto le vostre idee. Non è vero che chi tace acconsente (a cosa ?), chi tace semplicemente sta zitto, e nel caso del dott. Bianchi è la scelta migliore.
mercoledì 30 ottobre 2013
LIVORNO OSPEDALE: A TESTA BASSA INCIAMPANDO A OGNI PASSO di Paolo Gangemi
Ancora una nuova
scelta, senza prospettive dell’attuale Amministrazione Comunale, che ritarda solo
la realizzazione del nuovo ospedale in Viale Alfieri. L’Asl chiudendo i
distretti mette a rischio la qualità e le quantità delle prestazioni
socio-sanitarie, attuali e future del nostro territorio.
Oggi è opportuno accantonare l'idea di spostamento dell'area
ospedaliera, continuando l'opera di ristrutturazione dello storico nosocomio di
via Alfieri, opera iniziata con il Progetto Mariotti (già costata 100 milioni
delle vecchie lire), occorrono ancora altri 80 milioni di euro per realizzarlo.
Servirebbero 300 milioni, per costruire un piccolo ospedale in Via Mondolfi in
una posizione decentrata, spostamento mai previsto urbanisticamente, anzi, in
contrasto con le normative e le invarianti del piano strutturale Cagnardi, consumando
altro prezioso territorio collinare.
I livornesi sanno per esperienza diretta, come la posizione centrale dell’attuale
ospedale lungo viali di scorrimento veloce, consentano una buona accessibilità
anche con i mezzi pubblici, inoltre nella zona retrostante esistono molte aree
libere e pubbliche che consentono di creare nuovi accessi, e di dotare di ampio
parcheggio l'attuale ospedale, mentre la viabilità e la fruibilità per gli
anziani senza auto privata, peggiorerebbe nella nuova localizzazione. Inoltre,
con il decentramento si andrebbe a impattare con nuova massiccia
cementificazione l'area pedecollinare e collinare, assai delicata per l'assetto
idrogeologico a rischio medio alto, con aree franose già segnalate e
conosciute.
Sappiamo inoltre che dove nasce una struttura ospedaliera, nascono
cementificazioni secondarie, dovute alle opere di urbanizzazione rese
necessarie dall'opera di rilevante interesse pubblico. Ville e villini
potrebbero saturare le colline fino a Monterotondo, dove è in vendita la
splendida area dell’ex villa Rodocanacchi.
Non ci sono finanziamenti regionali o europei: la regione ha garantito
un prestito e nulla più, e non ci saranno penali da pagare, sospendendo
l'operazione, perché come si legge con chiarezza nell'appalto stesso, la
costruzione è subordinata al reperimento dei fondi necessari, al momento
inesistenti. Lo stesso dott. Porfido, nuovo direttore Asl, ha recentemente
sottoposto alla regione le problematiche legate al buco di bilancio prodottosi
con le gestioni precedenti, e le evidenti difficoltà a reperire i finanziamenti
previsti, tramite la vendita del patrimonio, dismesso a tale scopo, dall'ASL.
Le cause sono evidenti visto il collasso del mercato immobiliare per la crisi.
Si possono ristrutturare e sostituire in parte gli edifici dell'ospedale
storico con nuove strutture, come è stato per la piastra chirurgica. Una volta
salvaguardato l'impianto planimetrico, le belle gallerie vetrate di
collegamento, l'edificio centrale prospettante sul viale Alfieri, niente vieta,
sentito il parere della Sovraintendenza (niente ha vietato in passato, niente
vieta ora), adeguamenti funzionali resi necessari per il miglioramento
dell'efficienza e della messa a norma del nosocomio; migliorando il confort
creando camere a due letti al posto delle attuali camerate, che un modesto
architetto o ingegnere può realizzare senza difficoltà, e senza bisogno di
ricorrere a grandi progettisti di fama internazionale.
Il referendum del 2010 è stato dichiarato nullo per insufficiente
affluenza di votanti (abbiamo raggiunto poco meno del 30%), ma di la a dire che
i promotori lo abbiano perso ce ne corre, se il'73% dei votanti ha votato
contro lo spostamento.
Oggi ai livornesi manca un confronto partecipato sul modello sanitario
pubblico, da adottare per il futuro (bloccando le privatizzazioni della sanità,
scelta antipopolare), non si comprende bene quale idea complessiva di servizio
sanitario abbiano i dirigenti sanitari.
Confidando nel sostegno dei tanti operatori sanitari che hanno a cuore
il diritto democratico dell'accesso di tutti alle cure necessarie, è il caso di
riprendere un dibattito pubblico e trasparente, su un interesse che ci riguarda
tutti. E’ ora di
cambiare.
fa parte di dell’Osservatorio
Trasformazioni Urbane
Livorno 30 ottobre 2013
giovedì 12 settembre 2013
sabato 8 giugno 2013
NUOVO OSPEDALE - NUOVO PRG DI LIVORNO UNO SPRECO MILIONARIO Assemblea pubblica Venerdì 14 giugno 2013 ore 21 Sala Circoscrizione 4 Via Menasci, 4 - Livorno
Nonostante il referendum sull’ospedale a Montenero, quando nel 2010, 28 mila livornesi espressero inutilmente la loro opinione, i sì furono 20.738 voti, il 73% a favore del mantenimento della struttura di Viale Alfieri, ancora oggi il Sindaco Cosimi insiste nella realizzazione di questa opera costosa, inutile e dannosa per la città.
La notizia stampa sui vincitori del bando provvisorio per la costruzione della nuova struttura ospedaliera aggiudicato al gruppo Guerrato (costo 190 milioni di euro) è uscita proprio dopo il primo intervento in commissione consiliare dell’arch. Cagnardi incaricato della revisione generale del Piano Strutturale.
In questa occasione abbiamo scoperto che l’amministrazione comunale non adotterà un nuovo piano ma procederà a una “revisione del PS”: terminologia di nuovo conio dalla legislazione urbanistica.
Appare chiaro, al di là della dubbia legittimità dell'operazione, che la missione del progettista incaricato, è quella di adeguare lo strumento vigente alle scelte già operate disinvoltamente dall’amministrazione, tra le quali lo spostamento dell'ospedale. Ancora più grave scoprire che la tanto proclamata (in campagna elettorale) partecipazione della cittadinanza alla trasformazione della città, consiste nella solita vecchia pratica di ascoltare i portatori d’interessi privati e non quei cittadini che si sono espressi nel referendum, strumento costituzionale di partecipazione, se mai da estendere e non da ignorare, il cui unico interesse è quello civico del bene comune.
A questo punto, in merito al nuovo nosocomio chiediamo di conoscere i dati reali riguardanti:
• quale è il costo complessivo previsto dell’operazione includendo le spese di urbanizzazione primarie, soprattutto per adeguare la viabilità e il servizio pubblico necessario per il collegamento di vitale importanza;
• quali è il costo negli anni dell’indebitamento dell’amministrazione comunale che ricadrà sulla collettività livornese;
• quali saranno gli strumenti di finanziamento pubblico, e quale sarà l’ammontare dell’affitto da corrispondere ai privati, che finanzieranno una parte dell’operazione (guadagnandoci 10 volte tanto) e per quanti anni i residenti livornesi dovranno far fronte a questo oneroso balzello;
• quale miglioramento dei servizi per qualità e quantità è previsto, e quali sono gli strumenti di garanzia e di controllo;
• quali edifici, servizi e attrezzature sono state tolte dal progetto iniziale, così come indicato dall’ASL, per ridurlo da 185 milioni di euro a circa 110 milioni.
Inoltre vista l’importanza economica dell’operazione di riconversione della proprietà immobiliare ASL, chiediamo quali sono le ipotesi che la revisione del piano regolatore dovrà verificare sulle destinazioni delle attuali strutture sanitarie, se saranno vincolate alla necessità di valorizzazione in vista della loro vendita, e se ne è stata verificata la fattibilità rispetto ai vincoli vigenti ed al contesto urbano ed ambientale.
Ribadiamo infine la convinzione che quest’opera sia inutile e costosa, e inaccettabile che il conseguente onere ricada per decenni sulle nuove generazioni. Pertanto chiediamo che la scelta definitiva debba almeno attendere la nuova amministrazione che uscirà dalle prossime elezioni della primavera 2014, che si troverebbe altrimenti a gestire una pesante eredità non necessariamente condivisa.
L’attuale giunta farebbe bene ad evitare decisioni così controverse che riteniamo contraddittorie rispetto al Bene Comune e al diritto alla salute.
Osservatorio Trasformazioni Urbane - ALBA - Azione Civile - Città Diversa - Livorno 25 Aprile- Movimento5stelle - Sinistra Ecologia e Libertà - Rifondazione Comunista -
Trasmissione Report del 02/12/2012. La finanza e il progetto all'ospedale dell'Angelo di Mestre.
Vedi il video
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-99108864-939c-494b-8949-4e411cc1ab4c.html
giovedì 30 maggio 2013
Niente di nuovo per il PRG di Livorno di Daria Faggi
Singolare davvero la presentazione in commissione consiliare, da parte dell’architetto Cagnardi, del nuovo piano regolatore del territorio livornese.
L’importante occasione per rendere edotta la
città sulla, fino a qui, misteriosa revisione del piano precedente e sulle
azioni per dare concretezza alla dichiarata volontà di sperimentare una
pianificazione partecipata, ha partorito qualcosa di più inquietante del
classico topolino.
Intanto abbiamo scoperto che
l’amministrazione comunale non adotterà un nuovo piano strutturale e dunque
procederà a una “variante generale” del piano: strumento, questo, non previsto, però, dalla legislazione urbanistica
vigente, che stabilisce di limitare le varianti alla modifica del regolamento
urbanistico, senza trasformazioni dei fondamenti strutturali. Forse per
superare questo imbarazzo, si è optato per l'adozione di un termine fin qui
sconosciuto nell’urbanistica, appunto la revisione, strumento che non è una
nuova adozione ma nemmeno una variante. Questo non dovrebbe sorprendere in un
comune che già si è inventato il concetto di “varianti anticipatrici”, in sé
impossibili nel senso che è ovvio che le modifiche riguardavano il piano in
vigore e non un inesistente futuro strumento.
Però alla fine quello che appare chiaro, al di là della dubbia
legittimità dell'operazione, è che per la modica cifra di un milione di euro,
il progettista incaricato adeguerà lo strumento alle scelte già operate disinvoltamente
dall’amministrazione, come lo spostamento dell'ospedale e sistemerà le
questioni rimaste in sospeso e il pasticcio urbanistico scaturito da scelte
parziali, sconnesse e improvvisate di nuove localizzazioni, fatte al di fuori
di qualsiasi studio di insieme.
Chissà se nel poco tempo previsto per
partorire questa cosiddetta “variante generale”, l'architetto Cagnardi, noto e
assai stimato urbanista, già autore di piani regolatori di importanti città
italiane, avrà l'occasione di verificare come il suo precedente Prg di Livorno
sia stato stravolto e pasticciato. Ma ancora più sconvolgente è stato scoprire
che la tanto attesa presentazione del progetto di partecipazione della
cittadinanza alla trasformazione della città, ha svelato che l'operazione consiste
nella solita vecchia pratica di ascoltare le parti interessate, ovvero i
portatori di interessi privati e non nella reale partecipazione alle scelte di
quei cittadini il cui unico interesse è
quello civico del bene comune. È questa una pratica, purtroppo, tradizionale
che in questa città, come in altri luoghi, ha accompagnato l'azione di
pianificazione, e per la prima volta non è gratuita ma onerosa.
Non è nemmeno nominato, e ancora meno
previsto, il mitico Urban Center, oggetto dei desideri ma anche oggetto di
studio da parte dell'amministrazione comunale, che ha mandato proprie
delegazioni a visitare le città già dotate di centri per la partecipazione,
gite che avremmo pagato ben volentieri se ci fosse stato un risultato. Dunque
assolutamente deludente l'ascolto dei lavori della commissione, apparsa come un
manipolo di marziani a convegno. In una situazione assolutamente nuova,
attraversata da una crisi epocale che sta dislocando enormi interessi in nuove
aree del mondo, con effetti di tale portata che cambieranno aspetti e equilibri
globali, effetti che ci coinvolgono pesantemente, gli unici che sembrano non
afferrare la portata delle trasformazioni in corso sono proprio i nostri
amministratori.
Il buon senso suggerirebbe di utilizzare
l'occasione della adozione di un nuovo piano, partendo dai cambiamenti profondi
della condizione economica e sociale,
per progettare la città nuova con nuovi metodi di confronto con i cittadini
livornesi, a cominciare dalla parte più attiva che agisce sul territorio, aprendo
un centro di informazione e documentazione di urbanistica e attivando tutti i
più moderni strumenti di ascolto e soprattutto di partecipazione. Noi
dell'Osservatorio Trasformazioni Urbane intanto proseguiamo negli incontri con
le forze politiche (la prossima è con SEL) e nello studio dei percorsi urbani
conoscitivi per osservare insieme le trasformazioni più discutibili e negative
della città. Per dare un contributo alla revisione del piano o, altrimenti
chiamata “variante generale”.
Daria
Faggi dell’Osservatorio Trasformazioni Urbane
Livorno 30 maggio 2013
Livorno 30 maggio 2013
martedì 26 marzo 2013
La sfida per una città nuova dell’Osservatorio: l’urbanistica partecipata al posto dell’urbanistica contrattata. di Daria Faggi
L'osservatorio trasformazioni urbane è un laboratorio di urbanistica. Ne possono fare parte tutti i cittadini livornesi che considerano la città un bene comune, da sottrarre a una mercificazione concordata tra amministrazione comunale e gruppi economici, portatori di interessi privati, che attraverso l'urbanistica hanno stravolto il tessuto urbano.
Viviamo in una Livorno irriconoscibile dove il bel disegno della città antica risulta in più punti strappato e sconnesso, a causa delle nuove trasformazioni, episodiche, slegate e banali, e i guasti di una continua variazione nei piani di riassetto della città che hanno prodotto eccessivo e immotivata espansione senza qualità, sacche di periferia interne, fratture nei collegamenti delle varie parti, disservizi etc.
In definitiva un territorio urbano malservito in assenza di piani generali coerentemente realizzati senza nessun progetto di sostenibilità ambientale. Livorno una città disegnata come città ideale del rinascimento, oggi abbandonata al caso e all'interesse privato. Sono quasi assenti le occasioni di socializzazione, le nuove circoscrizioni sono grandi contenitori vuoti che ben poco assomigliano a quei centri civici promessi. Il Cisternino che doveva rappresentare il centro di comunicazione della città nuova e poteva essere l'URBAN CENTER nei processi di pianificazione partecipata, è silente e spento e ben rappresenta il declino della città. In tutti questi anni abbiamo fatto molte battaglie, alcune vinte molte perse ma tutte di grande importanza.
Che cosa abbiamo fatto.
In questi anni abbiamo fatto molte battaglie, tra l'altro ricordiamo quelle contro la cementificazione della piazza del luogo Pio, la Porta a Terra e la desertificazione del centro, la Porta a Mare stravolta da una realizzazione difforme dal PRG, le varianti disinvolte, i troppi e sconsiderati cambi d'uso, lo spostamento dell'ospedale. Abbiamo incalzato il comune perché iniziasse una nuova stagione di urbanistica partecipata e per la creazione di un Urban center; per avere i dati quantitativi degli interventi realizzati per sapere quanto manca alla saturazione delle previsioni del condizione per poter fare un’analisi critica ragionata dello stato presente e impostare correttamente le linee del nuovo PRG.
Su questi e altri argomenti sensibili sono state scritti interventi pubblici, spesso corredati da schede informative, messi in rete a disposizione delle forze politiche, comitati, associazioni, cittadinanza attiva e quant'altro. Lavoro seguito e apprezzato da centinaia di interlocutori attenti e interessati. Abbiamo progettato un ciclo di film al Kinodessè sulle PERIFERIE DENTRO ovvero sulle aree di periferia in un centro che ha perso le sue funzioni.
Infine abbiamo stampato un piccolo saggio IL MANIFESTO DELLA CITTÀ NUOVA una sintesi delle pratiche necessarie per fare buona urbanistica e una breve analisi critica generale dei misfatti compiuti nel nome dell'urbanistica contrattata, con i grandi e piccoli portatori di interessi privati, al di fuori di ogni pubblico interesse. Stiamo iniziando una tappa nuova del nostro percorso, con un nuovo ciclo di lavoro di confronto e allargamento degli interlocutori, cercando di portare a sintesi studi e indagini conoscitive per fornire alla città una guida, per leggere la trama del tessuto urbano dopo le trasformazioni. Tra l’altro intendiamo utilizzare le modalità partecipative delle escursioni urbane, percorsi collettivi nella città, per guardare insieme agli urbanisti gli spazi perduti e dimenticati, le fratture che interrompono la buona continuità della struttura urbana ritagliando spazi residuali informali e casuali.
Prospettive
Non siamo nati ieri, sappiamo bene gli appetiti e gli interessi di grandi profitti privati a spese della collettività che sono di ostacolo alla realizzazione di progetti finalizzati alla difesa del benessere collettivo e dell’utilizzo del territorio come bene comune. E tuttavia pensiamo che non a tutti gli amministratori e i politici, siamo chiare le implicazioni delle scelte sbagliate nella pianificazione. Certo non sono chiare alla gran parte dei cittadini consultati di solito solo a scelte già fatte e senza alcuna informazione reale. Per questo la nostra sfida è rivolta anche ai consiglieri e alla giunta comunale, perché partecipino alle nostre camminate urbane, che meglio di seminari e conferenze possono evidenziare i gravi danni prodotti da anni di urbanistica contrattata e di malgoverno del territorio. Una sfida che ci auguriamo tutti i politici che decidono le sorti della città, raccolgano. Per le aziende private si devono aprire altri cantieri non più speculativi e a danno della cittadinanza. C'è molto lavoro da fare per il recupero urbano ecosostenibile, il rifacimento di reti idriche obsolete e la ristrutturazione di edifici abbandonati e in disuso. Contro abusi e speculazioni piccole e grandi bisogna adottare la politica a tolleranza zero.
Livorno 26 marzo 2013
domenica 3 marzo 2013
Osservatorio Trasformazioni urbane Report dell’incontro del 01/03/2013 Libreria Erasmo
Breve resoconto di ciò che è avvenuto dall’incontro del 31
gennaio
·
lettera inviata al Sindaco, Assessori Picchi e
Roncaglia, Presidente Consiglio Comunale, Capigruppo dei gruppi consiliari del
centro-sinistra;
·
risposta di Roncaglia che afferma di non avere
più la delega allo”sviluppo della partecipazione”;
·
risposta di Cannito che apre ad un incontro;
·
nessuna altra risposta.
·
Stessa lettera inviata anche alla stampa: nessuna
pubblicazione
·
Stessa lettera inviata a singoli/e;associazioni,
gruppi, formazioni politiche chiedendo
di sostenerla, anche con contributi propri: nessuna risposta
·
Documento inoltrato da Luca Filippi “documento sicurezza SILP CGIL”:
materiale per le elaborazioni successive
Per il futuro
Conferenza
stampa : sabato 09/03/2013
ore11,30 Libreria Erasmo Via degli Avvalorati, 62
Riproposizione dei contenuti della lettera
all’Amministrazione, sopra citata;
Notizia dei percorsi di lavoro definiti nell’incontro dell’
1 marzo.
Attivazioni 3 gruppi di lavoro:
1. catalogo
delle “ferite” alla città, soprattutto
quelle che pregiudicano pesantemente il suo sviluppo;
2. interventi
sul territorio, di analisi dello stato esistente e di promozione della
partecipazione (passeggiate, incursioni, et. );
3. raccolta
di esempi di buone pratiche; strategie di comunicazione efficace.
Si sono iscritti/e ai gruppi, nell’incontro
del 01/03:
1. Daria
Faggi, Tommaso Tocchini, Sirio Grassi, Fabio Papini; Francesco Cicora;
2. Paolo
Balestrini, Maila Nosiglia, Paolo Cascinelli, Giuliana Contini; Diana
Panicucci; Mimmo Russo;
3. Michelangelo
Lucco, Leonardo Bertelli, Daniela Bertelli, Paolo Gangemi
N.B.:
I gruppi sono da integrare con chi desidera partecipare: i nominativi
sopra riportati sono quelli di coloro che erano presenti all’incontro:
sollecitiamo, quindi, un più ampio coinvolgimento;
i gruppi lavorano con scambi continui e chiunque può decidere di
partecipare al lavoro e alle iniziative;
alcune persone hanno dichiarato la loro disponibilità a partecipare in
forme più o meno continuative e portando progetti specifici. Prossimo incontro
da confermare il 12 o 13 o 14 marzo ore 17 luogo da confermare
Per adesioni
alla lettera e ai gruppi scrivere a urbanisticapartecipatata.li@gmail.com
Link dell’Osservatorio
:
Documento sicurezza della SILP CGIL LIVORNO . di Luca Filippi
DUE
MODELLI A CONFRONTO: SICUREZZA “FISICA” E SICUREZZA URBANA In Italia da circa un ventennio, sull’onda di alcuni
accadimenti, si sono innestate nuove paure, una volta sconosciute nella nostra
comunità. Torneremo dopo su questi accadimenti e sui timori da essi (ma non
solo da essi) originati.
Inoltre,
alcuni dei punti trattati non sono strettamente inerenti al rapporto tra
(infra) struttura della città e sicurezza, ma riguardano quest’ultima sotto
altri aspetti comunque necessari ed importanti per un modello democratico,
efficiente, partecipato.
Giova
prima soffermarsi sul concetto di sicurezza.
La SICUREZZA
GLOBALE PERCEPITA dal singolo, e di conseguenza dalla massa, è data da
varie “sicurezze”: climatica, perché fisicamente è la prima cosa che
percepiamo, e negli ultimi anni siamo diventati prima empiricamente e poi
culturalmente consapevoli delle variazioni climatiche ormai irreversibili;
economica, perché la dimensione sia fittizia (finanziaria), che reale (possibilità
di sostentamento), sono sempre più compresse dal nostro modello sociale
neo-liberista; sanitaria, perché conseguentemente alla contrazione delle
disponibilità economiche individuali ed ai tagli imposti dal vigente sistema
economico a tutti i servizi pubblici hanno subito riduzioni; esistenziale o
fisica, ovvero quella relativa all’incolumità della persona. Tutte insieme
concorrono e interagiscono, si mescolano, solo che la sicurezza fisica, a
seguito di operazioni mediatiche e “culturali” condotte soprattutto negli
ultimi venti anni circa, è stata trasformata e confusa con “LA SICUREZZA” per
eccellenza.
Posto
che la sicurezza in ogni sua forma è un BENE COMUNE come il lavoro, la salute,
l’ambiente, l’educazione, la cultura ecc., si è passati dal prevalere del
valore della SICUREZZA SOCIALE a quello della SICUREZZA FISICA, quella di cui “dovrebbero
occuparsi solo leggi e polizia”, secondo un errato pensiero corrente.
DATI
NUMERICI Da rilevare come, in tutta
Europa, Italia compresa, mentre l’attenzione (e gli investimenti) delle
istituzioni su sanità, istruzione, cultura, lavoro, ambiente sono calati, a
fronte di un aggravamento del senso d’insicurezza collettivo e individuale in
tali campi, succede l’opposto per la PERCEZIONE D’INSICUREZZA FISICA, nonostante
il numero dei reati sia notevolmente diminuito. E’ difficile credere a un dato
simile, visto quanto tempo è che siamo martellati dai media in senso opposto,
ma le fonti sono il SERVIZIO ANALISI CRIMINALITA’ del ministero dell’interno,
che trae i propri dati dalle questure, e l’ISTAT. Prima di procedere, è bene
ricordare che chi studia questi dati analizza periodi medio lunghi, esaminare
l’andamento dei fenomeni malavitosi da un anno all’altro è poco scientifico.
Qui sono citati dati nei tempi medi, cinque anni, e nei tempi brevi, un anno.
Dati
2006 – FINE 2011:
omicidi
-15%, tentati omicidi -10,8%, furti -16%, aumento delle truffe le truffe, ma è
da tener presente che il grosso delle truffe è di natura informatica, e che
questo genere di attività nasce a metà anni ’90.
Nel
primo semestre 2012 sono aumentate, a fronte dello stesso periodo del 2011, le
rapine in abitazione (+25.8%), i furti in abitazione (+17.3%), furti con
destrezza (+10,1%), scippi (+6,2%);. Calate le rapine in banca, e secondo gli
esperti del ministero dell’interno e delle università il quadro complessivo che
ne
deriva è quello di una società meno violenta, ma
improvvisamente colpita dalla crisi, che oggi spaventa più del ladro sotto
casa; non criminali specializzati, ma persone disperate, rimaste senza lavoro,
o senza casa, o con problemi di salute non più affrontabili economicamente,
commettono piccoli reati per disperazione. Mentre si leggono questi dati,
tornano in mente i proclami di Maroni e La Russa con ronde di quartiere e ff.aa.
per le strade cittadine, mentre si facevano e si fanno sparire, insieme alla
benzina tagliata, i poliziotti di quartiere ed il loro rapporto fiduciario con
gli abitanti e la loro presenza rassicurante. La tendenza è omogenea in tutta
Europa, e in Italia le cose vanno un po’ meglio rispetto a Francia, Spagna,
Gran Bretagna. Ancor meglio in Germania, ma la crisi là si fa sentire meno e
diversamente, soprattutto le maggiori spese sociali fanno avvertire minor
INSICUREZZA GLOBALE (Istruzione, lavoro, salute).
NON
CORRISPONDENZA TRA CALO DEI REATI E INSICUREZZA PERCEPITA Il 29% circa delle famiglie italiane sente minacciata
la propria incolumità fisica, l’85% crede che negli ultimi 5 anni la
criminalità sia aumentata. Perché i dati reali contrastano con la percezione?
Analizziamo
le tipologie di persone che si sentono più minacciate: donne, anziani, minori,
giovani, operai, disoccupati, redditi più bassi. Ovvero, le persone cui, di
fatto, manca la sicurezza sociale. Se poi confrontiamo questi dati in
rapporto ai mass – media, notiamo che le persone più esposte alla tv sono le
più spaventate, in particolare se seguono trasmissioni ansiogene quali
“La vita in diretta” e simili, dove un episodio di cronaca nera è riproposto
per mesi.
DISINFORMAZIONE
TELEVISIVA ED ELEZIONI Dall’estate 2007, inizio crisi, a tutto il 2011, le
reti Mediaset e le prime due Rai hanno dato da 1100 a 1700 notizie di cronaca
nera e da 147 a 327 sulla crisi mondiale-europea-italiana. Fa eccezione Rai 3,
con 634 contro 270 (fonte osservatorio di Pavia). Emblematico l’omicidio di
Paola Reggiani, sul quale è stata costruita la campagna mediatica per
l’elezione del sindaco di Roma Alemanno. Il biennio 2007 – 2008 è stato, nella
storia d’Italia, quello in cui si è visto il maggior sforzo politico e
mediatico per attrarre prima l’attenzione, poi il consenso degli italiani sulla
“sicurezza fisica”. Il modello a “spirale crescente” è:
“CREAZIONE/ALIMENTAZIONE
DI PAURE – PROPOSTA DI SOLUZIONI SECURITARIE – IPERPRODUZIONE DI LEGGI
REPRESSIVE (Fini-Giovanardi, Bossi-Fini) – TAGLI ECONOMICI E RIASSETTI
DISORGANIZZANTI DELLE FORZE DELL’ORDINE – CATTIVI RISULTATI OPERATIVI VISIBILI
(immigrazione) - CREAZIONE/ALIMENTAZIONE DI PAURE…..”.
SICUREZZA,
DESTRA, SINISTRA Purtroppo la
sinistra, o comunque le forze progressiste, hanno diffusamente considerato la
sicurezza “roba da destra, da fascisti”, col risultato che non c’è mai
stata un’elaborazione né culturale, né pratica di un modello di sicurezza
alternativo alla “democrazia penale”, ai pacchetti sicurezza, alle ronde,
all’alimentazione d’ignoranza, quindi pregiudizi, quindi chiusure escludenti e
marginalizzazione – ghettizzazione; il tutto frutto della polarizzazione
economica e sociale che viviamo. Mancando un percorso autonomo di crescita
delle forze che dovrebbero essere innovatrici e rispettose dei diritti
dei più deboli ed emarginati, purtroppo spesso vengono (mal) imitate e rincorse
le politiche neo-conservatrici, col solo e fallito scopo di catturar consensi
elettorali.
In Italia è sempre più forte, in campo economico
sociale, il pensiero unico neo liberista, mentre non si è ancora completato il
percorso liberale sul piano dei diritti.
ORDINE
PUBBLICO I problemi sociali legati
alla cattiva coscienza del Nord del mondo verso un Sud sempre più vicino, non
solo attraverso la presenza dei migranti, ma anche con l’incremento di sacche
di povertà/marginalità di cittadini italiani ed europei, anziché esser
affrontati politicamente, sono sempre più trasformati in problemi di ordine
pubblico. Il diritto al lavoro, al sapere, all’abitare, alla salute, al vivere
in un ambiente salubre, sono sempre meno oggetto di politiche preventive e
sempre più relegati a scontri di piazza. Detto questo, occorre che, come
previsto dalla nostra costituzione, sia tutelato sia chi manifesta in modo
civile e nonviolento le proprie ragioni, sia i lavoratori della sicurezza
professionali e democratici; per queste ragioni gli agenti delle ff.oo. devono
essere, a loro tutela, singolarmente individuabili (codice su casco, uniforme
ecc), così come i manifestanti; non si può però pensare di avere da una parte
operatori della sicurezza giustamente riconoscibili, dall’altra gruppi di
travisati, talvolta militarmente schierati ed organizzati, che agiscano
violentemente ed indisturbati. Si rende necessaria, in tal caso, invece di
annunciate leggi speciali, una sistematica applicazione delle leggi ordinarie
esistenti, attraverso l’arresto, anche differito, e l’automatico scioglimento
della manifestazione. Inoltre, gli operatori della sicurezza devono avere dei
protocolli e procedure di comportamento giuridicamente riconfigurati, da
adottare nelle varie situazioni che si presentano in tali circostanze.
L’obiettivo è tutelare chi lavora e manifesta nelle regole, isolare e colpire
chiunque si renda responsabile di comportamenti illegali violenti e lesivi
dell’incolumità privata.
QUALE
NUOVO MODELLO DI SICUREZZA URBANA Poiché, come abbiamo visto, la sicurezza globale è frutto del rispetto
della sicurezza di vari diritti (sociali), il primo punto programmatico
per la sicurezza urbana è una più equa distribuzione di ben-essere,
assai diverso dal ben-avere, con cui spesso lo confondiamo. Idem dicasi per il
lavoro e il welfare. Occorre anche promuovere da subito crescita
culturale e politiche che potranno dare risultati duraturi e radicati, ma solo
col tempo. Invecchiamento demografico e impoverimento alimentano le
paure, quindi servono politiche demografiche cittadine lungimiranti; i migranti
devono esser visti come una risorsa, anziché minaccia. Non c’è alternativa.
La sicurezza globale, che contiene quella fisica, è il risultato di percorsi
partecipati e condivisi da tutte le agenzie della città, comune, prefettura,
questura, organizzazioni sindacali, scuola, ma anche e soprattutto oculato
studio ed uso urbanistica e architettura al servizio della qualità della vita.
Per
chi dirige agenzie pubbliche che forniscono servizi non è facile, oggi,
adempiere il proprio ruolo. Non solo gli enti comunali e provinciali, ma anche
prefetture e questure subiscono ed hanno subito tagli economici e di risorse
materiali ed umane gravissimi, mettendo così in discussione la priorità del
servizio, facendo prevalere il bilancio sui diritti. Diversamente dalla
produzione di beni materiali e di consumo, sanità, educazione - cultura,
sicurezza, sono e devono essere servizi pubblici, non sottoposti alle
logiche del mercato ma al rispetto dei diritti di cui sono oggetto.
Paradossalmente, proprio i tagli di bilancio dei comuni producono non
risparmio ma costi sociali, che poi si tramutano in marginalità e quindi
paura ed esclusione, non solo verso i migranti ma oggi, con la crisi, anche
verso i nuovi poveri italiani. In sostanza, al centro della sicurezza, insieme
a un buon sistema di welfare, è la riqualificazione urbana. Sono tra loro
sempre più separati i luoghi dell’abitare da quelli del comprare, del lavoro,
della socializzazione, quando quest’ultima c’è. Occorre porre particolare
attenzione a che le istituzioni non
siano in concorrenza tra loro, tantomeno in contrasto,
al fine di progettare, condurre e realizzare percorsi (ri)qualificanti del
vivere comune.
Si
rende necessaria una diversa e più attuale preparazione, professionalizzazione
ed impiego dei lavoratori della sicurezza, statali o degli enti locali, per
uscire dalla logica, per esempio, “venditore abusivo da punire – vigile
inviso a cui ribellarsi”. I drammi economico – sociali del tempo in cui
viviamo, nonché i problemi derivanti da scriteriate scelte di mobilità
cittadina (traffico), non possono essere scaricate dal piano politico –
amministrativo, al ruolo di “vigile – sceriffo”, alla “bonifica del territorio
da stranieri ecc”, alla “politica delle multe”, che vede così sprecate risorse
umane, professionali ed economiche, da destinare invece ad una miglior
vivibilità dei quartieri. Indispensabile un governo complessivo della città,
dove non prevalgano logiche spartitorie finalizzate a imbonire, nelle migliori
ipotesi gruppi economico -“politici” più o meno tra loro contigui.
Bisogna
lavorare a un “piano dei tempi e degli orari”, che metta in relazione le
mutate esigenze “private” col “pubblico”; attuare una politica abitativa che
non crei quartieri – dormitorio, talvolta ghetto, favorendo
omogeneità sociale e fragilità degli abitanti di un quartiere, ma che al
contrario orienti verso la “contaminazione reciproca”, soprattutto sul piano
culturale. Un esempio da citare è il comune di Rotterdam, che assegna le case
alle famiglie cercando di disomogeneizzare culture, lingue, religioni,
abitudini: gli abitanti dello stesso quartiere, olandesi e non, si dicono
soddisfatti per aver conosciuto ed imparato culture diverse.
Realizzazione
di centri commerciali “templi del modello consumistico”, delocalizzazione del
lavoro, quartieri lontani e isolati, sono la perfetta ricetta della società non
coesa, consumista, improduttiva, marginalizzante. I centri si svuotano e
degradano e le periferie, abitative e commerciali, si riempiono di
frequentatori, non di abitanti, dove non ci si conosce e cresce insieme, ma ci
si incontra velocemente, consumando beni materiali e relazioni
personali, dal fast food al “fast know”. Aggiungiamoci i vari
”poli ambientali” quali discariche periferiche, rigassificatori e inceneritori,
ed è completo il quadro dei motivi per i quali aumenta il senso di (IN)SICUREZZA
GLOBALE. Con l’insufficiente politica dell’integrazione e dell’intercultura
(riferite non solo ai migranti, ma a tutti gli abitanti della città), è ovvio
che l’ignoranza e, quindi, le paure, prendano il sopravvento.
Manutenzione
della città, riprogettazione dei servizi di polizia e di quartiere, prossimità,
cooperazione tra e con i cittadini, sono più economici ed utili dell’alta tecnologia
(telecamere), chiusura sociale, escalation securitaria.
Anche
l’ostentazione mediatica di un'annunciata, maggior presenza numerica dei
tradizionali addetti alla sicurezza fisica, in altre parole le forze
dell’ordine, non è realisticamente foriera di maggior sicurezza reale. Talvolta
si registra in più zone del territorio nazionale la presenza sui media,
pressoché quotidiana, di automezzi di polizia, indagini, arresti, commenti,
dichiarazioni dei locali vertici delle questure. Tale “politica”, lungi dal
rassicurare i cittadini più sensibili alla sicurezza, li pone continuamente
davanti a “quanti reati ci sono”, “quanto aumentano –
diminuiscono”, “quanta risposta fisica delle ff.oo. c’è”.
Fermo
restando, quando c’è, l’apprezzabile incremento del numero di volanti sul
territorio, la sbandierata ma irrealistica implementazione delle politiche securitarie,
ma non “sicure”, da parte dei massimi organi cittadini di polizia,
contribuisce ad alimentare il fuorviante dilemma “quanti poliziotti, quanti
reati”. In un momento d’indisponibilità di risorse finanziarie, umane e di
mezzi (autoveicoli destinati al controllo del territorio, computer ecc.),
sarebbe più oculato investire maggiormente nei
servizi d’”intelligence” e sull’impiego di un
maggior numero di poliziotti di quartiere, che hanno un contatto ed una
relazione più capillare con gli abitanti, aumentano il senso di sicurezza
percepita. Oggi si usa sostituire le carenze politiche ed economiche con un
linguaggio rassicurante, usando molto parole quali “grande serenità”,
“innovazione”, “modernità”, “ricalibrare”, “adeguare alle esigenze”, annunciando
provvedimenti, novità, ecc, salvo poi verificare che le parole sono spesso
contraddette dai dati tangibili. La realtà è diversa, e spesso questo stile
cerca comprensibilmente di coprire tagli, arbitrariamente di comprimere
diritti. Cittadine, cittadini ed addetti ai lavori se ne accorgono, ne
conseguono demotivazione, sfiducia, distacco.
Come
sindacato capiamo le ragioni di chi agisce con questo stile e con capacità usa
il linguaggio e l’immagine in mancanza di risorse, ma come si diceva prima, chi
lavora nella scuola, nella sanità e nella sicurezza deve prima di tutto esser
mosso da forte motivazione, e non è detto, se non ci si pone nel giusto modo,
che aver più personale sanitario operativo, più docenti e più poliziotti voglia
dire automaticamente avere miglior sanità, miglior scuola e miglior sicurezza.
Talvolta la demotivazione, di varia natura, può esser così forte da ridurre la qualità
nonostante la quantità. Se da chi opera nei servizi sociali si vuole
un miglior prodotto per l’utenza, la motivazione dev’essere adeguata;
viceversa, avremo “solo”, per così dire, la garanzia dei servizi minimi dovuti.
Come o.s. confederale ambiamo a proporre percorsi motivanti e produttivi, in un
combinato diritti dei lavoratori della sicurezza/diritti dell’utenza.
Promuoviamo compartecipazione con istituzioni, cittadini, organizzazioni di
ogni tipo, come ad esempio l’esperienza iniziata con lo SPI – CGIL, che
prossimamente si tradurrà in iniziative capillari con le leghe territoriali, a
diretto contatto con gli abitanti dei quartieri, in particolare donne e
anziani, maggiormente spaventati e spaventabili.
L’opera
di prevenzione non consiste soltanto nella visibilità di uniformi, pur
importante, ma nella riqualificazione manutentiva delle strade, dei presidi di
socializzazione, nell’illuminazione, nell’uso di parchi pensati per bambini e
anziani, soprattutto nell’interazione e nel concetto di prossimità, fondamentale
in un rapporto di compartecipazione reale, non solo artatamente annunciata. Si
tratta sostanzialmente di agire in positivo e non in difesa, costruire
sicurezza partecipata e condivisa con i cittadini, ancor prima che “sorvegliare
e punire”.
Febbraio 2013
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