domenica 21 luglio 2019

Limoncino: in una cava dismessa, non si può aprire una discarica, si risagoma e si piantuma.di Daria Faggi


Gli ultimi sviluppi della vicenda tra cittadini ambientalisti e istituzioni regionale e locale, hanno dell’incredibile, perché sbagliare è umano ma perseverare denota un’arroganza inaccettabile.
La tecnica di rinaturalizzazione delle cave segue ormai iter ben noti e uniformi in tutto il paese, e a queste buone pratiche si sono allineate le normative di regioni e ARPAT senza deroghe.
In pratica si tratta di risagomare il fronte della cava da chiudere, con sabbie ghiaie e terriccio per ripiantumare, dopo attenti studi ambientali per garantire una vegetazione omogenea con quella della zona e per non alterare il deflusso delle acque meteoriche e sorgive.
Al massimo si può consentire di conferire in una cava chiusa materiali inerti da demolizione (quali laterizi e pietrame avendo cura di verificare assenza di residui di amianto o di calce) e terre da scavo di fondazioni (ma mai e poi mai si può pensare di aprire una discarica di rifiuti urbani, tantomeno speciali) in una cava dismessa.
Questo è quanto abbiamo sostenuto sempre come OTU, in totale sintonia col comitato di Limoncino.
Tra l’altro anche nel caso di riutilizzo della cava quale area o parco ecologico per visite e studi a carattere geologico, le strutture di accoglienza devono essere calibrate, onde non impermeabilizzare il terreno oltre il 30% per non alterare gli equilibri idrogeologici...
Dunque un’impermeabilizzazione estesa quale quella prevista in una discarica (che produce percolato) è decisamente dannosa.
In allegato vi propongo alcune documentazioni che bene chiariscono i concetti qui esposti con estrema sintesi, per chi avesse voglia di approfondire il problema. 


 Daria Faggi dell'OTU



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