Sono certo che la nuova Amministrazione
Comunale potrà trovare in questo documento argomenti utili per lavoro che dovrà
affrontare per invertire la tendenza al degrado cui sembra destinata la città.
È un estratto dell’articolo che ho
pubblicato sulla nuova rivista dell’Ordine degli Architetti di Livorno che ha
come tema la vicenda del Piano Comunale Esecutivo del Parco della Banditella che
ritengo significativa per esprimere la difficoltà o incapacità che le AA_PP mostrano
spesso nel governare programmi urbanistici che abbiano un minimo di complessità
gestionale e l’incapacità di perseguire una visione sistemica del territorio
urbano.
L’area sportiva della Banditella, come
altri più complessi ambiti della città, non ha potuto dimostrare l’efficacia dell’originaria
ipotesi progettuale che può essere ancora valida e recuperabile: infatti le
concessioni di tre lotti del complesso sono in scadenza e la loro
riassegnazione può essere occasione per recuperare seppur parzialmente quanto
smarrito per negligenza ( e per cos’altro?).
ESTRATTO
DELL’ARTICOLO
Viene
tralasciata la premessa riguardante la fase storica di trasformazione
anteguerra.
Con il primo Piano Regolatore Generale – PRGC- del 1958 (arch. E. Detti), che
destinava la maggior parte di quest’area a verde
pubblico, cominciò a prendere forma la rete stradale della zona, ma è con il
Piano del 1977 (arch. I. Insolera)
che la vasta area residua assume l’assetto odierno: fu infatti suddivisa in due zone, una di lottizzazione
residenziale e l’altra (quella ceduta dalla proprietà al Comune) destinata a
verde pubblico ed a strutture per lo sport e tempo libero.
Se lo sviluppo della zona di espansione
edilizia, in virtù del pregio naturale della posizione, non tardò a colmare la previsione,
l’area con destinazione di pubblico interesse ha avuto ben altro destino,
finendo per tradire, nel tempo, i
principi a cui era stata indirizzata con un apposito Piano Comunale Esecutivo
(PCE) e finendo per costituire un aggregato di attività destrutturate che oggi fanno
apparire la zona un enclave estraneo al tessuto urbano, più equiparabile ad una
periferia abbandonata che ad un parco pubblico attrezzato che un sito
ambientale così suggestivo avrebbe meritato.
Il
mancato compimento di una progettazione urbanistica rappresenta sempre
un’occasione persa; ciò può derivare, a priori, da una debolezza strategica nell’ideazione
o da un’errata interpretazione della situazione in cui avrebbe dovuto inserirsi,
delle risorse o dei soggetti cui doveva rivolgersi. Più spesso l’occasione persa è però dovuta
alla successiva mancanza di rigore amministrativo oppure alla strumentalizzazione
della pianificazione, cosa assolutamente ingiustificabile dal punto di vista
politico e frustrante per chi l’ha espressa e chi l’ha tradotta in un progetto.
La storia del Piano Esecutivo Comunale (PCE) della Banditella può interpretare
efficacemente questa tesi mostrando il risultato di come si è operato sulla
base di un piano di programmazione che aveva le migliori intenzioni di dotare
un quartiere e la città di un complesso
dedicato allo sport giovanile e di un parco pubblico in un’area ad alta
valenza paesaggistica in prossimità della costa. Anche se il PCE è uno strumento di indirizzo,
non appartenente al corpo normativo generale, tuttavia con questo si intendeva rappresentare il modello di
riferimento che garantisse a quest’area, pervenuta nella disponibilità pubblica,
di rappresentare al meglio le finalità espresse dall’amministrazione comunale per attuare quanto stabilito dal Piano
Regolatore Generale vigente. Peraltro il piano vigente negli anni ’80 confermava
per quest’area la destinazione stabilita dal precedente, che fu ribadita anche
successivamente dall’ultimo piano del 1998 (Gregotti Associati): Basta
consultare la cartografia e le norme attuative dei piani citati, per constatare
quanta importanza sia stata sempre attribuita
a questa zona verde, in termini di qualità urbana, di prospettive di
sviluppo e di quantità relative ai parametri urbanistici che negli ultimi
decenni si sono sensibilmente ridotti nell’assetto generale urbano.
Il Comune di Livorno approva nell’
86 un Piano Comunale Esecutivo: uno strumento urbanistico di dettaglio previsto
nella normativa di attuazione, un progetto
preliminare per dare forma fisica alle previsioni del PRGC, che serviva a
coordinare la realizzazione delle attrezzature più propriamente sportive con le
esigenze di tipo ricreativo e naturalistiche proprie del Parco, ma anche a
perseguire gli obiettivi più generali, di
riequilibrio e razionalizzazione della fascia costiera contenuti nel Piano
Particolareggiato della Costa, mettendo in relazione questa vasta area di oltre
30 ettari con il lungomare.
Il PCE, nel rispetto del rapporto
dimensionale stabilito tra verde attrezzato e parco urbano, prevedeva quattro impianti in linea appoggiati su una
strada di servizio con parcheggi parallela alla ferrovia, che occupavano
circa un terzo dell’area; dal lato opposto, una fascia verde come cuscinetto tra questi e la zona residenziale;
infine due percorsi trasversali attraversavano la zona sportiva e la fascia
verde che, insieme all’ampio parco naturale
a nord, in prossimità del rio
Ardenza, dovevano connettere le
strutture ed il retroterra con i giardini storici del lungomare.
Tra gli elementi qualificanti del PCE vi
era e la creazione di nuovi spazi pubblici attrezzati di socializzazione e la promozione dello sport giovanile, finalità
che doveva essere presente nello statuto delle società che avessero richiesto
l’assegnazione dei terreni in concessione. Nel progetto di riferimento questa
esigenza veniva rappresentata nel dialogo tra le strutture e gli edifici destinati
a servizi che si fronteggiavano sulle
piazze allungate da cui partivano gli assi trasversali, concepite come luogo
d’incontro e centri di aggregazione del
parco diffuso; non a caso, per convenzione, questi spazi esterni dovevano
essere realizzati dagli assegnatari insieme a tutte le infrastrutture di
servizio, le strade e i parcheggi.
Ma subito nei primi anni si susseguirono
tre varianti di adeguamento alle diverse esigenze avanzate dalle società e
associazioni assegnatarie, che, seppur non alterando la sostanza dell’impianto
generale, si rivelarono, a posteriori, come primi sintomi di una gestione
faticosa dell’attuazione del piano che nel corso degli anni è andata sempre più
deteriorandosi.
Gli ultimi atti che hanno dato il colpo finale all’ambizioso progetto
iniziale sono stati la perdita della
proprietà pubblica di uno dei quattro lotti, conseguente ad una inconcepibile
gestione del dissesto finanziario del concessionario, ed il cambio di destinazione dell’ampia area
panoramica, aperta al mare, confinante col rio Ardenza, da parco naturale a
campo di golf con la conseguente sua sottrazione
al libero uso pubblico.
È sconfortante il panorama che offre oggi
questa zona che, rimuovendo le inutili nostalgie di quello che fu l’ultimo
presidio agricolo costiero celebrato nell’800 dai pittori macchiaioli, avrebbe
potuto offrire nuove opportunità di incontro e di crescita sociale non
solamente alle giovani generazioni, ma anche a tutti i livornesi che affollano
i giardini del lungomare per fare una passeggiata o per svolgere libere
attività fisiche.
Dei servizi inizialmente previsti sono stati realizzati solamente quelli
essenziali all’uso dei campi da gioco, nessun edificio tra quelli che
dovevano strutturare architettonicamente il complesso, nessun servizio complementare o che rappresenti un minimo di
supporto ad una funzione di accoglienza e conforto per un’area pubblica che
aveva avuto l’aspirazione di diventare una parte urbana ed un valore aggiunto
per la città: qualità zero, porzioni di
aree verdi fagocitate dai campi di
calcetto, le superfici destinate a piazze invase da canneti e sterpaglie, le
aree di parcheggio sistemate al minimo indispensabile e prevalentemente
lasciate sterrate ed anch’esse invase da vegetazione spontanea, misere
recinzioni in maglia di ferro e scheletri di costruzioni in cemento armato; quello
che non manca è una potente illuminazione per l’utilizzo intensivo anche notturno
dei campi di calcetto.
Nessun
beneficio è stato apportato da un’area che poteva rappresentare un tassello
importante per la vivibilità della città, per il suo paesaggio, ed un importante attrattore per lo sviluppo
turistico; nessun beneficio economico per le casse comunali.
Per quanto riguarda l’area destinata a parco c’è da dire che
l’Amministrazione Comunale si è sempre
trovata in difficoltà nel definirla compiutamente, in quanto impegnativa per la
sua estensione, ed ha esplorato inutilmente la fattibilità di diverse
destinazioni che avrebbero dovuto conciliare la sostenibilità economica col mantenimento dell’uso e dell’interesse pubblico, ma ogni piano ha un senso se visto
nella sua completezza e nel contesto nel quale è stato concepito e il PCE
avrebbe avuto soluzione se i concessionari avessero ottemperato agli obblighi
stabiliti dal programma, se avessero realizzato quanto previsto, se non
avessero realizzato il minimo essenziale e funzionale al massimo reddito col
minimo sforzo e soprattutto se l’Amministrazione Comunale avesse ben vigilato
ed, in sede di contrattazione, non avesse ceduto alle richieste dei
concessionari che hanno aperto la via a comportamenti controproducenti per
l’assetto dell’area. L’area destinata a verde pubblico, sostenuta dalla
prevista rete di infrastrutture e servizi, sarebbe diventata un vero parco,
elemento integrante della cittadella dello sport e cuore dell’area di svago che
avrebbe compreso anche le attività del mare che nel frattempo hanno avuto sviluppo
con le strutture organizzate sulla costa adiacente. Peraltro l’area verde, quella
che oggi è recintata e dedicata al golf, seppure abbandonata alla vegetazione
spontanea, era prima frequentata, specialmente nei giorni festivi, da famiglie,
da appassionati di aquiloni, da proprietari di cani che portavano i loro
animali a correre, ed assolveva in maniera spontanea alla funzione pubblica.
L’ipotesi di crearci una pista ciclabile era sfumata, giustamente, allorché fu
ritenuta necessaria, da chi ne avrebbe gestito l’uso, la realizzazione di una
recinzione per motivi di sicurezza. Cadde anche l’idea di predisporla agli
eventi temporanei, feste e fiere, perché le particolari condizioni climatiche
cui la zona è sottoposta, specialmente a periodici forti venti, avrebbero imposto
la costruzione di strutture stabili che mal si conciliavano con la temporaneità
degli eventi, escludendone il libero uso pubblico. La libertà selvaggia dell’area ha capitolato però di fronte
all’offerta per la realizzazione di un campo di golf. Le motivazioni di
questa scelta sono state: garantire il mantenimento di un’area verde considerata
incolta e sottoutilizzata, nobilitare l’area tramite la caratterizzazione tipica
degli spazi dedicati a questa pratica sportiva, contribuire all’attrattività
turistica della città, creando un impianto quasi unico in un’area urbana,
complementare agli altri impianti sportivi presenti nel comparto; in sostanza
creare una gradevole area verde attrezzata fruibile dalla cittadinanza di ogni
età. Le stesse motivazioni si smentiscono
da sole trasgredendo principi elementari che dovrebbero ispirare l’uso del
patrimonio comune e naturale; la pratica ormai avviata di questo impianto dimostra
quanto il risultato di questa scelta si avvicini di molto all’esito degli
impianti sportivi adiacenti, praticamente finendo di occupare tutta l’area
pubblica con una destinazione che ha in assoluto il minimo valore nel rapporto utenti e superficie occupata. La presenza di quest’area inaccessibile si
oppone peraltro alla possibilità di mettere in comunicazione le zone sportive
con il lungomare e ad ogni altra percorrenza
da est ad ovest, da nord a sud, contravvenendo al rapporto tra area a parco
pubblico ed area attrezzata per lo sport stabilito in origine dal Piano
Regolatore e negando l’appartenenza dell’area al contesto naturale ed al
sistema funzionale del piano della costa.
COSA
SI POTREBBE FARE
Con la scadenza, a novembre di
quest’anno, delle concessioni
trentennali di tre lotti di quest’area promessa alla promozione dello sport, l’Amministrazione ha l’occasione di recuperarla
dalla sua attuale condizione indegna per la città per affidarla ad uso più
appropriato ed utile alla comunità: già con un nuovo procedimento di
assegnazione che semplicemente pretenda il rispetto di quelle che dovevano essere,
già alla prima assegnazione, le prescrizioni ed obblighi ( in sostanza di
realizzare compiutamente i progetti in base ai quali vennero assegnati i lotti,
comprese le opere infrastrutturali e servizi previsti dal piano attuativo ) si
può migliorare la situazione, senza escludere nuove prospettive che la nuova
Amministrazione potrebbe avere intenzione di perseguire, per eventuali nuove
opportunità che potrebbe intravedere per integrare il sistema di servizi per il
tempo libero e lo sport.
L’OTU rimane a
disposizione per approfondimenti e anche per integrare con documentazioni ed
illustrazioni quanto sopra esposto.