Da oltre un anno viviamo in una situazione assolutamente inedita e assai pesante per la grande maggioranza delle persone: la pandemia, con tutte le sue conseguenze, ha dimostrato che, se vogliamo rendere possibile un futuro meno ingiusto e più vivibile, sono necessarie la volontà e la capacità di adottare nuovi punti di vista, nuova progettualità, anche a partire dal riconoscimento degli errori, della pericolosità di scelte dissennate del passato.
È indubbio che il sistema sanitario ha mostrato tutti i suoi limiti e soprattutto quali conseguenze nefaste abbia comportato la scelta degli ultimi dieci anni di ridurre in modo significativo le risorse a disposizione del sistema sanitario pubblico, a vantaggio del privato, scelta che è stata praticata da tutti i governi che si sono succeduti e che è stata ben presente anche a livello di governo della Regione Toscana.
Ma si sa, la memoria e la capacità di riconoscere gli errori non sono una caratteristica della politica tradizionale italiana; forse di fronte alla tragedia di questo ultimo anno, che ha investito molteplici aspetti della vita, sarebbe già molto se si inaugurasse un modo altro di leggere la realtà e di stabilire le priorità.
Il richiamo alla urgente necessità di rivedere, ripensare il modello di intervento sanitario è venuto , fin dall’inizio del dilagare della pandemia, da più parti; sul piano formale nessuno l’ha negato, ma …..quello che conta, per la vita delle singole persone e della collettività, è il piano sostanziale, ciò che concretamente si mette in campo , anche nelle scelte locali.
Ed allora: come leggere le scelte che stanno alla base del Progetto del nuovo ospedale a Livorno?
In un articolo comparso, alcuni mesi fa (9 marzo 2021), sul Il tirreno abbiamo letto le forti preoccupazioni espresse dai consiglieri comunali livornesi del PD rispetto ad un possibile “ridimensionamento dei servizi offerti ai cittadini livornesi”, che comporterebbe l’obbligo per chi abita a Livorno di ricorrere a cure in altri ospedali della Regione, come Lucca e Massa, anche a causa dei costi e degli obblighi derivanti dai contratti di projet financing, che hanno finanziato gli ultimi quattro ospedali costruiti in toscana nella misura di circa 45%; projet financing che sarà anche, come lo definisce la Regione Toscana nel 2017 uno strumento innovativo di partenariato pubblico-privato, ma di sicuro ha presentato non poche criticità.
Condividiamo queste preoccupazioni per il futuro e ci è venuto spontaneo chiederci:” Ma questo progetto, oggi e qui, non è già conseguenza del ruolo attribuito alla sanità livornese dalla Programmazione regionale?”.
E poi è proprio politicamente corretto e democraticamente efficace subire passivamente i diktat regionali? La trasformazione delle USL in Aziende ha di fatto resa assai più difficile la possibilità di indirizzare e controllare le politiche sanitarie da parte dei Comuni e delle popolazioni su cui quelle politiche incidono, ma questo non significa che i sindaci non possano o meglio non debbano esercitare un ruolo di indirizzo in materie che riguardano il benessere e la salute delle popolazioni che amministrano, anche in conflitto con altre istituzioni. Al di là delle competenze, stabilite da leggi e regolamenti, il ruolo di sindaco è politico,ed è sul terreno delle scelte politiche e di come si realizzano, che si misura e giudica il suo operato.
Pare significativo che nell’articolo di Giulio Corsi su Il Tirreno di venerdì 11 giugno, in cui, usando le parole del giornalista, “Salvetti auto-promuove se stesso e la sua giunta” l’ospedale non rientri nelle «dieci cose fatte da incorniciare, particolarmente significative» indicate dal sindaco, così come le espressioni da lui usate, su sollecitazione del giornalista,a proposito del “Nuovo ospedale” tendono a attribuire alla Regione responsabilità e protagonismo nelle scelte.
Il ridimensionamento delle prestazioni e del ruolo dell’Ospedale di Livorno è in atto già da anni, lo sa il personale sanitario, lo sa chi per esperienza personale si è trovato nella condizione di paziente.
Oggi, oltre a questa realtà di fatto, ci troviamo di fronte a una situazione che impone soluzioni nuove, all’altezza delle nuove esigenze, sapendo che non sarà più possibile rifugiarsi dietro l’alibi della imprevedibilità e dell’emergenza.
Il progetto attuale del nuovo ospedale di Livorno , che ricalca in buona sostanza il modello utilizzato per i quattro “nuovi ospedali “ costruiti in Toscana tra il 2013 e il 2016 , non tiene in alcun conto le nuove necessità anche di progettazione edilizia dei nosocomi, sottolineate durante questo anno da moltissimi articoli e saggi di tecnici e di esperti di sanità e ci pare utile ricordare che in alcuni casi, durante la pandemia, i “nuovi ospedali” si sono mostrati non adeguati, per numero di posti letto e per scarsa flessibilità della struttura, alle necessità, tanto da dover ricorrere ad altri edifici.
Inoltre nel Progetto per il Nuovo ospedale di Livorno, stando alla documentazione ufficiale ad oggi disponibile, il numero dei posti letto è stato dimensionato sulla base dello stato di fatto del nosocomio livornese attuale in epoca-prepandemica, secondo quanto affermato, in risposta ad un quesito posto dall’O.T.U. nell’ottobre 2020, dalla dottoressa Sabina Sanguineti, autrice della Relazione Sanitaria sul Progetto di ristrutturazione del Presidio Ospedaliero di Livorno del maggio 2020.
A noi sembra che ci siano tutti i presupposti perché chi governa si assuma la responsabilità di modificare scelte e decisioni che fin dalla fase progettuale mostrano notevoli criticità, anche sul piano della capacità di rispondere ad un quadro di esigenze, per alcuni versi inedite, o meglio sottovalutate, che la pandemia ha drammaticamente evidenziato .
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