Dall'esame del bando per la realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero in Livorno e dal relativo disciplinare di gara si desume che in parziale difformità dall'Accordo di Programma a suo tempo sottoscritto l'intera opera viene realizzata a cura del privato promotore finanziario che in concessione curerà la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché la successiva intera costruzione del nuovo presidio, compresa la direzione dei lavori ed il coordinamento della sicurezza in fase di progetto e di esecuzione.
Naturalmente il privato, bontà sua, “dovrà prestare attenzione” al Documento Preliminare di Progettazione dello Studio di Fattibilità (riteniamo predisposto dallo studio tecnico-legale Pettinelli, anche se nessuno ha mai dato risposta alla richiesta di chiarimenti in merito).
L'unico riferimento ad un possibile controllo pubblico verrà indicato all'interno della bozza di convenzione ,che il promotore privato dovrà fornire in fase di gara, tra i vari elementi che la caratterizzano ; l'intera convenzione varrà al massimo tre ( diconsi tre) punti, dei cento a disposizione della commissione giudicatrice.
Non appare chiaro il motivo per cui il costo globale dell'intervento era stato stabilito in circa 267 milioni di euro e adesso il totale, IVA compresa, è divenuto di 191 milioni, con una diminuizione di 76 milioni. Si evidenzia nel disciplinare (art. 4 punto l) che ad oggi mancano i 130 milioni del cosiddetto finanziamento regionale, da restituire mediante la vendita del patrimonio immobiliare dell'AUSL 6, in quanto l'Amministrazione non procederà nell'aggiudicazione in caso di mancato ottenimento di tale finanziamento. Non appare chiaro inoltre se i 130 milioni siano da aggiungere ai 191 milioni già individuati portando il costo complessivo a 321 milioni.
Si sottolinea che la gestione affidata al privato avrà una durata di 356 mesi (circa 30 anni) e che l'AUSL prevede di pagare annualmente al concessionario per i servizi oltre 33 milioni di euro più IVA, a base 2010, quindi con rivalutazioni successive.
Una operazione analoga per la costruzione di un nuovo ospedale tramite un project financing è partita lo scorso anno a Padova con la ferma opposizione del PD e della CGIL.
Vale la pena di leggere, per gli ovvi riferimenti e similitudini, quanto affermato dall'opposizione di sinistra patavina e pubblicato dalla stampa locale.
La posizione del PD : “ ....Bisogna abbandonare il ricorso alla costruzione di strutture pubbliche con il project financing dimostratosi oneroso e rischioso perchè cede pezzi del sistema al mercato. “
Ed il segretario generale della Camera del Lavoro territoriale di Padova:
“ Il progressivo contenimento dei finanziamenti pubblici ha determinato, anche in sanità, il ricorso al partenariato pubblico/privato per la realizzazione di strutture ospedaliere e territoriali ............Si è slittati lentamente, in questo modo, verso una logica privatistica nella gestione del comparto sanitario. Il privato recupera il suo investimento gestendo il flusso di cassa derivante dall'espletamento del servizio. In sanità, dove la domanda dei servizi è sufficientemente stabile, il rischio per il privato risulta così notevolmente abbassato......... Il project financing in ambito sanitario lascia una serie di questioni aperte. Dall'inizio alla scadenza del contratto si succederanno, se tutto va bene, almeno 5-6 direttori generali. Chi sarà chiamato a dirigere l'azienda dopo 15 anni sarà in grado di onorare gli impegni presi ? Se incontrasse difficoltà a pagare il canone ? E se il soggetto promotore a seguito di una contrazione del flusso di cassa dovesse fronteggiare una richiesta di pignoramento dell'ospedale da parte della banca finanziatrice? Se per il privato una riduzione del flusso di cassa rappresenta una mera eventualità, questa è invece una certezza per il pubblico che rinuncia in partenza a una fetta dei suoi guadagni. In pratica il pubblico paga il privato per offrire sanità al cittadino. Ma a chi deve rivolgersi un dipendente ospedaliero se c'è qualcosa che non funziona nella sua unità operativa ? Va dal soggetto promotore o dal direttore sanitario ? Il privato, una volta completata l'opera, si interesserà al recupero del capitale investito. Siamo tutelati di fronte al rischio che si possa occupare più del volume delle prestazioni offerte che della loro qualità ?..........Servono sicuramente chiavi interpretative e approcci nuovi, ma non ci convince un'idea di welfare che si traduca semplicemente nel fatto che il pubblico deleghi ad altri le proprie responsabilità e funzioni, o una sussidiarietà intesa come sostitutiva e alternativa al ruolo pubblico. “
Ritengo si possano pienamente condividere le considerazioni critiche avanzate dal PD e dalla CGIL ….....di Padova; ma qui siamo a Livorno !
Leonardo Bertelli dell'Osservatorio Trasformazioni Urbane
venerdì 30 settembre 2011
giovedì 29 settembre 2011
Abitare Sociale: il progetto per Fiorentina di Daria Faggi
Abitare Sociale: il progetto per Fiorentina.
È difficile parlare con cognizione di causa di un progetto (abitare sociale ) di cui si è discusso poco o niente. Non sappiamo la quantità totale dei finanziamenti e da dove provengono, fatta eccezione per l’area del Mercato Ortofrutticolo. Sopratutto nessuno al momento ci sa dire quante case di E.R.P nuove saranno costruite al posto di quelle esistenti.
Si prospettano diversi scenari assai diversi tra loro: facciamo un esempio per Via Giordano Bruno per superfici medie di 53mq (da 46 a 60mq ad appartamento) per una meta del volume previsto e di 60mq di media per l’altra meta (da 55 a 65mq per alloggio) avremmo un totale di 130 alloggi in sostituzione dei 148 esistenti.
Con i 18 alloggi previsti nel Mercato Ortofrutticolo sarebbe scongiurata la diminuzione di alloggi ERP a canone sociale. In aggiunta avremmo l’offerta di altri 24 alloggi pubblici a canone concordato, in questo caso l’operazione sarebbe del tutto accettabile. Visto l’esiguo patrimonio residuale dopo la svendita di migliaia di case popolari.
Però negli allegati alla delibera si fanno altre ipotesi che prevedono una secca diminuzione dell’offerta Erp.
Vorremmo inoltre la certezza per evitare sprechi in questo momento intollerabili, che tutto il patrimonio svuotato dai trasferimenti, fosse utilizzato come ricovero temporaneo degli sfollati per sfratto con forza pubblica, in attesa di finire i lavori nella caserma lamar mora che è la sistemazione prevista per le famiglie in emergenza abitativa.
La vicenda di Via Giordano Bruno insegna anche che aver venduto le case popolari, soprattutto quelle inserite nei piani di recupero, è stato un atto di grave miopia politica.
Non resta che ricomprare al prezzo di vendita aggiornato in cambio di una riassegnazione se ci sono i requisiti, o proporre un cambio a prezzo di mercato facendo pagare la differenza tra la nuova casa e quella abbattuta.
Altrimenti il piano diventa assai oneroso e lo paga una collettività la cui proprietà è stata spesso assai mal gestita.
Poco sappiamo degli abusivi che a differenza di altri non sono stati sgombrati ai Vigili Urbani.
In questi frangenti è bene adottare regole uguali per tutti: un controllo delle condizioni all'origine dell'occupazione e una verifica della permanenza di situazione di emergenza abitativa, può e deve essere l'unico discrimine per una sistemazione pur sempre a titolo transitorio, poiché non sono intervenute sanatorie a creare differenze tra gli abitanti senza titolo.
L'unione inquilini ha sempre ritenuto che le case popolari vadano date ai legittimi assegnatari, ma certo vanno aggiornate le regole e i punteggi.
L'importante è che ci siamo regole buone e condivise capaci di dare risposte a nuovi problemi.
Oggi i giovani lavoratori precari sono fortemente penalizzati al punto di non avere nessuna possibilità di accesso a case a prezzi sostenibili, questa situazione richiedere criteri nuovi di assegnazione.
La possibilità di aver un futuro aiuta la legalità e il senso civico. Diamo in fretta risposte a misura delle nuove domande abitative.
Daria Faggi
p. Unione Inquilini
Livorno 28 settembre 2011
È difficile parlare con cognizione di causa di un progetto (abitare sociale ) di cui si è discusso poco o niente. Non sappiamo la quantità totale dei finanziamenti e da dove provengono, fatta eccezione per l’area del Mercato Ortofrutticolo. Sopratutto nessuno al momento ci sa dire quante case di E.R.P nuove saranno costruite al posto di quelle esistenti.
Si prospettano diversi scenari assai diversi tra loro: facciamo un esempio per Via Giordano Bruno per superfici medie di 53mq (da 46 a 60mq ad appartamento) per una meta del volume previsto e di 60mq di media per l’altra meta (da 55 a 65mq per alloggio) avremmo un totale di 130 alloggi in sostituzione dei 148 esistenti.
Con i 18 alloggi previsti nel Mercato Ortofrutticolo sarebbe scongiurata la diminuzione di alloggi ERP a canone sociale. In aggiunta avremmo l’offerta di altri 24 alloggi pubblici a canone concordato, in questo caso l’operazione sarebbe del tutto accettabile. Visto l’esiguo patrimonio residuale dopo la svendita di migliaia di case popolari.
Però negli allegati alla delibera si fanno altre ipotesi che prevedono una secca diminuzione dell’offerta Erp.
Vorremmo inoltre la certezza per evitare sprechi in questo momento intollerabili, che tutto il patrimonio svuotato dai trasferimenti, fosse utilizzato come ricovero temporaneo degli sfollati per sfratto con forza pubblica, in attesa di finire i lavori nella caserma lamar mora che è la sistemazione prevista per le famiglie in emergenza abitativa.
La vicenda di Via Giordano Bruno insegna anche che aver venduto le case popolari, soprattutto quelle inserite nei piani di recupero, è stato un atto di grave miopia politica.
Non resta che ricomprare al prezzo di vendita aggiornato in cambio di una riassegnazione se ci sono i requisiti, o proporre un cambio a prezzo di mercato facendo pagare la differenza tra la nuova casa e quella abbattuta.
Altrimenti il piano diventa assai oneroso e lo paga una collettività la cui proprietà è stata spesso assai mal gestita.
Poco sappiamo degli abusivi che a differenza di altri non sono stati sgombrati ai Vigili Urbani.
In questi frangenti è bene adottare regole uguali per tutti: un controllo delle condizioni all'origine dell'occupazione e una verifica della permanenza di situazione di emergenza abitativa, può e deve essere l'unico discrimine per una sistemazione pur sempre a titolo transitorio, poiché non sono intervenute sanatorie a creare differenze tra gli abitanti senza titolo.
L'unione inquilini ha sempre ritenuto che le case popolari vadano date ai legittimi assegnatari, ma certo vanno aggiornate le regole e i punteggi.
L'importante è che ci siamo regole buone e condivise capaci di dare risposte a nuovi problemi.
Oggi i giovani lavoratori precari sono fortemente penalizzati al punto di non avere nessuna possibilità di accesso a case a prezzi sostenibili, questa situazione richiedere criteri nuovi di assegnazione.
La possibilità di aver un futuro aiuta la legalità e il senso civico. Diamo in fretta risposte a misura delle nuove domande abitative.
Daria Faggi
p. Unione Inquilini
Livorno 28 settembre 2011
mercoledì 28 settembre 2011
Come dare l'ultima mazzata alla città pubblica di Leonardo Bertelli
Tra i compiti affidati ad alcuni assessori, cosi come risulta dalla recente “ristrutturazione” della Giunta Comunale e come risultava dal precedente assetto, ve ne sono due che meritano una attenta riflessione : valorizzazione del patrimonio comunale e marketing territoriale, e che, se non opportunamente chiariti appaiono finalizzati solo ad una futura commercializzazione di beni pubblici.
Il termine “valorizzazione” finalizzato alla alienazione di un patrimonio pubblico era già comparso nell'accordo di programma con l'azienda USL 6 per acquisire fondi destinati alla costruzione di un inutile e dannoso, a nostro parere, nuovo ospedale in località Montenero basso.
Non è una novità quella della eliminazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso varie procedure quasi sempre in contrasto con la pianificazione territoriale ; né, in tempi di predominio della cultura liberista contraria a qualsiasi sorta di pianificazione, l'andazzo è sorprendente. La vecchia urbanistica, che rivendicava l'indispensabile legame, nel piano regolatore, fra esistenza di riserve immobiliari di proprietà pubblica e possibilità effettiva di attuare il piano ( e teorizzare di pianificazione non illusoria) è stata sconfitta.
La pratica odierna è coerente con la supremazia politica della destra e con la debolezza della sinistra, se non della sua rinuncia ai propri modelli che ne giustificherebbero l'esistenza stessa.
Tuttavia sorprende, della sinistra, l'assoluta mancanza almeno di un contrasto, di una qualche barriera alla smaccata liquidazione, totale in prospettiva, del demanio pubblico ad ogni livello istituzionale. Purtroppo lo stesso principio di “privato è bello” si è introdotto non furtivamente fra i suoi ideali.
Penso agli anni fra i cinquanta ed i sessanta del secolo scorso. Erano i Comuni allora detti “democratici”, in accordo con i progettisti di sinistra o da questi sollecitati, a voler preservare la proprietà pubblica di suoli e di edifici destinati a funzioni sociali e culturali o a residenza (case comunali, dell'IACP e di altri istituti); nei casi migliori a volerla aumentare mediante precise indicazioni nel piano urbanistico non solo dei servizi singolarmente definiti, ma anche di aree a una nuova esplicita destinazione appunto a riserva demaniale.
Ora tutto questo è sepolto nella memoria di pochi e nessuno nel centrosinistra ma nemmeno nel residuo della sinistra si sognerebbe di proporre, anziché alienazioni, incremento di demani statali e locali.
Non solo lo Stato immagina di far cassa vendendo caserme, castelli e spiagge o di trasferire questi beni agli enti locali (“federalismo demaniale”) che provvederanno alla loro commercializzazione, ma anche gli enti locali stanno provvedendo per conto loro a vendere se stessi.
E' all'interno di tali procedure che è leggibile l'affare “Ceschina” (costruzioni all'interno di un area boscata destinata a verde pubblico), ma l'operazione più preoccupante e destabilizzante è quella che riguarda la valorizzazione e vendita del patrimonio immobiliare dell'AUSL 6, così come risulta dall'Accordo di Programma, sia quello parcellizzato in ambito urbano (i nove distretti esistenti e due unità immobiliari), sia quello costituito dalle enormi superfici e volumi dell'attuale presidio ospedaliero (più di undici ettari) e dell' attuale sede amministrativa (villa Rodocanacchi circa otto ettari), quest'ultima particolarmente disturbante in quanto area collinare,verde, attualmente usata come parco.
Nessuno può sapere quale sarà il destino urbanistico ed edilizio di questo violento passaggio dalla città pubblica alla città privata, se non che si assisterà all'ennesima vicenda disastrosa dal punto di vista degli interessi sociali cittadini. Nessuna condizione, nessun vincolo sulla destinazione futura e sulle trasformazioni fisiche regola le vendite. Nella situazione economico finanziaria attuale gli enti pubblici non hanno possibilità di di acquisto, ma anzi fanno cassa con le vendite per pareggiare i bilanci. E gli immobiliaristi, grandi, medi, e piccoli si sentiranno sempre più liberi, col ringraziamento dell'autorità pubblica, di continuare e portare a compimento il programma di appropriazione della città, dunque anche di abolizione di quel sentimento di comunanza urbana vantato dagli abitanti e concretizzabile solo negli spazi pubblici.
Leonardo Bertelli dell' O.T.U.
(traendolo da un analogo scritto di L. Meneghetti in “eddyburg”)
Il termine “valorizzazione” finalizzato alla alienazione di un patrimonio pubblico era già comparso nell'accordo di programma con l'azienda USL 6 per acquisire fondi destinati alla costruzione di un inutile e dannoso, a nostro parere, nuovo ospedale in località Montenero basso.
Non è una novità quella della eliminazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso varie procedure quasi sempre in contrasto con la pianificazione territoriale ; né, in tempi di predominio della cultura liberista contraria a qualsiasi sorta di pianificazione, l'andazzo è sorprendente. La vecchia urbanistica, che rivendicava l'indispensabile legame, nel piano regolatore, fra esistenza di riserve immobiliari di proprietà pubblica e possibilità effettiva di attuare il piano ( e teorizzare di pianificazione non illusoria) è stata sconfitta.
La pratica odierna è coerente con la supremazia politica della destra e con la debolezza della sinistra, se non della sua rinuncia ai propri modelli che ne giustificherebbero l'esistenza stessa.
Tuttavia sorprende, della sinistra, l'assoluta mancanza almeno di un contrasto, di una qualche barriera alla smaccata liquidazione, totale in prospettiva, del demanio pubblico ad ogni livello istituzionale. Purtroppo lo stesso principio di “privato è bello” si è introdotto non furtivamente fra i suoi ideali.
Penso agli anni fra i cinquanta ed i sessanta del secolo scorso. Erano i Comuni allora detti “democratici”, in accordo con i progettisti di sinistra o da questi sollecitati, a voler preservare la proprietà pubblica di suoli e di edifici destinati a funzioni sociali e culturali o a residenza (case comunali, dell'IACP e di altri istituti); nei casi migliori a volerla aumentare mediante precise indicazioni nel piano urbanistico non solo dei servizi singolarmente definiti, ma anche di aree a una nuova esplicita destinazione appunto a riserva demaniale.
Ora tutto questo è sepolto nella memoria di pochi e nessuno nel centrosinistra ma nemmeno nel residuo della sinistra si sognerebbe di proporre, anziché alienazioni, incremento di demani statali e locali.
Non solo lo Stato immagina di far cassa vendendo caserme, castelli e spiagge o di trasferire questi beni agli enti locali (“federalismo demaniale”) che provvederanno alla loro commercializzazione, ma anche gli enti locali stanno provvedendo per conto loro a vendere se stessi.
E' all'interno di tali procedure che è leggibile l'affare “Ceschina” (costruzioni all'interno di un area boscata destinata a verde pubblico), ma l'operazione più preoccupante e destabilizzante è quella che riguarda la valorizzazione e vendita del patrimonio immobiliare dell'AUSL 6, così come risulta dall'Accordo di Programma, sia quello parcellizzato in ambito urbano (i nove distretti esistenti e due unità immobiliari), sia quello costituito dalle enormi superfici e volumi dell'attuale presidio ospedaliero (più di undici ettari) e dell' attuale sede amministrativa (villa Rodocanacchi circa otto ettari), quest'ultima particolarmente disturbante in quanto area collinare,verde, attualmente usata come parco.
Nessuno può sapere quale sarà il destino urbanistico ed edilizio di questo violento passaggio dalla città pubblica alla città privata, se non che si assisterà all'ennesima vicenda disastrosa dal punto di vista degli interessi sociali cittadini. Nessuna condizione, nessun vincolo sulla destinazione futura e sulle trasformazioni fisiche regola le vendite. Nella situazione economico finanziaria attuale gli enti pubblici non hanno possibilità di di acquisto, ma anzi fanno cassa con le vendite per pareggiare i bilanci. E gli immobiliaristi, grandi, medi, e piccoli si sentiranno sempre più liberi, col ringraziamento dell'autorità pubblica, di continuare e portare a compimento il programma di appropriazione della città, dunque anche di abolizione di quel sentimento di comunanza urbana vantato dagli abitanti e concretizzabile solo negli spazi pubblici.
Leonardo Bertelli dell' O.T.U.
(traendolo da un analogo scritto di L. Meneghetti in “eddyburg”)
sabato 24 settembre 2011
Incontro con le associazioni firmatarie della lettera
Ora lunedì 10 ottobre • 17.30 - 20.00
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Libreria Gaia Scienza
DI FRANCO, 12
Livorno, Italy
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Osservatorio Trasformazioni Urbane - livorno
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TEMA
Incontro con le associazioni firmatarie della lettera documento sull’urbanistica inviata al Sindaco e ai gruppi consiliari del Comune di Livorno.
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Libreria Gaia Scienza
DI FRANCO, 12
Livorno, Italy
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Osservatorio Trasformazioni Urbane - livorno
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TEMA
Incontro con le associazioni firmatarie della lettera documento sull’urbanistica inviata al Sindaco e ai gruppi consiliari del Comune di Livorno.
Lettera documento sull’urbanistica inviata al Sindaco e ai gruppi consiliari del Comune di Livorno
Tre anni fa, nel giugno 2008, il Comune di Livorno ha sottoscritto, con la Regione Toscana, il protocollo di intesa previsto dalla legge regionale 27 dicembre 2007, n.69 “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”
In questo modo ha scelto di condividere la lettera e lo spirito di questa legge, che dice, significativamente, all’art. 1 “ la partecipazione alla elaborazione e alla formazione delle politiche regionali e locali è un diritto…..”.
La legge regionale, inoltre, apre la possibilità agli Enti locali, di richiedere alla Regione stessa risorse per attivare processi partecipativi.
Pensiamo che la revisione del Piano Strutturale sia una occasione esemplare per attivare e sperimentare processi di partecipazione. soprattutto se l’amministrazione locale pone tra i suoi obiettivi quello che la comunità lo senta come proprio, vi si riconosca perché contiene le immagini che la comunità locale assegna ai luoghi di vita e di relazione.
Un Piano strutturale, infatti, stabilisce le grandi direttrici strategiche (economiche, sociali, territoriali) che orienteranno nei prossimi anni tutti gli interventi di trasformazione e conservazione dei luoghi, nonché le tutele ed i vincoli da applicare alle diverse porzioni di territorio, in relazione alle loro caratteristiche morfologiche, ambientali, paesaggistiche e alle loro qualità storiche e culturali. Ed è un disegno che avrà un forte impatto sulla vita quotidiana e sulle relazioni sociali dei cittadini e delle cittadine che, pensiamo, hanno il diritto ed il dovere di essere protagonisti di scelte che li riguardano fortemente.
Inoltre “….In generale si può affermare che l'adozione dei metodi di partecipazione tende a ricostruire un equilibrio tra attori forti (portatori di interessi economici e lobbies) e attori deboli (portatori di interessi generali e diffusi) o, come spesso si afferma, a garantire la presenza del terzo attore (gli abitanti) tra istituzioni e mercato.” (Donatella Venti, introduzione al volume di selezione di esperienze di urbanistica e progettazione partecipata e comunicativa, Europolis, Convegno INU-WWF Bologna 25 febbraio1996)
Chiediamo, quindi, che l’Amministrazione Comunale di Livorno, in occasione della revisione del Piano Strutturale della città, attivi un processo partecipativo , predisponendo un progetto di coinvolgimento della cittadinanza in tutte le fasi mediante :
• La discussione e approfondimento delle “linee guida”, già approvate dal Consiglio comunale. È evidente che, in questo caso, si tratta di una partecipazione su scelte già compiute, mancando il passaggio fondamentale del coinvolgimento nella formazione delle scelte;
• la creazione di un URBAN CENTER nel centro città dove consultare e discutere tutta la documentazione e gli elaborati degli strumenti urbanistici, a cominciare dallo stato di attuazione del vigente piano ( superfici previste per: civile abitazione, commercio, servizi, verde pubblico, etc.) secondo le schede riassuntive approvate .
• la messa in campo, nelle fasi di predisposizione, redazione, adozione/approvazione, attuazione, di molteplici forme e modelli di partecipazione attiva, per altro già ampiamente sperimentate a livello nazionale e internazionale, alcuni dei quali attivati anche a Livorno, attraverso l’esperienza di Cisternino 2020 e di “Pensiamo in Grande”;
• l’indicazione esplicita, nel bando di affidamento di incarico di predisposizione del Piano Strutturale, del nesso progettazione/partecipazione.
Chiediamo, inoltre, un incontro al Sindaco ed agli assessori in indirizzo per illustrare le nostre richieste e proposte, nello spirito di una collaborazione, nello stesso tempo, critica e propositiva. Altri importanti comuni toscani hanno iniziato esperienze di urbanistica partecipata ( es. Siena, Grosseto e Firenze). Una città come la nostra così ricca di comitati e di organizzazioni di cittadinanza attiva che chiedono ascolto e informazione alle istituzioni non merita di essere privata di una occasione di confronto così importante.
Segue l’elenco di chi ha sottoscritto
Hanno sottoscritto il documento, alla data del 15 giugno 2011:
OSSERVATORIO TRASFORMAZIONI URBANE
ASSOCIAZIONE AGIRE VERDE
ASSOCIAZIONE CASA TERRITORIO - LIVORNO
ASSOCIAZIONE CENTRODONNA EVELINA DE MAGISTRIS
ASSOCIAZIONE ECOMONDO
APPL - ASSEMBLEA PERMANENTE PER LA PARTECIPAZIONE A LIVORNO
CITTADINI ECOLOGISTI
COMITATO PROMOTORE DEL REFERENDUM SULL'OSPEDALE DI LIVORNO
LAB – LAB
UNIONE INQUILINI
WWF LIVORNO
Francesco Agapite
Giacomo Bazzi
Daniela Bertelli
Leonardo Bertelli
Vito Borrelli
Antonio Breschi
Paolo Bruciati
Marco Cannito
Giovanni Ceraolo
Daniela Chimenti
Andrea Cionini
Simona Corradini
Lorenzo Cosimi
Letizia Del Bubba
Chiara De Marino
Daria Faggi
Marusca Falanga
Claudio Frontera
Paolo Gangemi
Maurizio Giacobbe
Lamberto Giannini
Marcello Lenzi
Francesco Marani
Stefano Mecacci
Paola Meneganti
Ignazio Monterisi
Daniela Miele
Sergio Nieri
Maila Nosiglia
Fabio Papini
Maurizio Pazzaglia
Salvatore Picardi
Graziella Pierfederici
Francesca Pritoni
Lucia Posarelli
Mario Puggelli
Annalisa Ravenna
Stefano Romboli
Ruggero Morelli
Tommaso Tocchini
Moreno Toigo
Gabriele Volpi
.
In questo modo ha scelto di condividere la lettera e lo spirito di questa legge, che dice, significativamente, all’art. 1 “ la partecipazione alla elaborazione e alla formazione delle politiche regionali e locali è un diritto…..”.
La legge regionale, inoltre, apre la possibilità agli Enti locali, di richiedere alla Regione stessa risorse per attivare processi partecipativi.
Pensiamo che la revisione del Piano Strutturale sia una occasione esemplare per attivare e sperimentare processi di partecipazione. soprattutto se l’amministrazione locale pone tra i suoi obiettivi quello che la comunità lo senta come proprio, vi si riconosca perché contiene le immagini che la comunità locale assegna ai luoghi di vita e di relazione.
Un Piano strutturale, infatti, stabilisce le grandi direttrici strategiche (economiche, sociali, territoriali) che orienteranno nei prossimi anni tutti gli interventi di trasformazione e conservazione dei luoghi, nonché le tutele ed i vincoli da applicare alle diverse porzioni di territorio, in relazione alle loro caratteristiche morfologiche, ambientali, paesaggistiche e alle loro qualità storiche e culturali. Ed è un disegno che avrà un forte impatto sulla vita quotidiana e sulle relazioni sociali dei cittadini e delle cittadine che, pensiamo, hanno il diritto ed il dovere di essere protagonisti di scelte che li riguardano fortemente.
Inoltre “….In generale si può affermare che l'adozione dei metodi di partecipazione tende a ricostruire un equilibrio tra attori forti (portatori di interessi economici e lobbies) e attori deboli (portatori di interessi generali e diffusi) o, come spesso si afferma, a garantire la presenza del terzo attore (gli abitanti) tra istituzioni e mercato.” (Donatella Venti, introduzione al volume di selezione di esperienze di urbanistica e progettazione partecipata e comunicativa, Europolis, Convegno INU-WWF Bologna 25 febbraio1996)
Chiediamo, quindi, che l’Amministrazione Comunale di Livorno, in occasione della revisione del Piano Strutturale della città, attivi un processo partecipativo , predisponendo un progetto di coinvolgimento della cittadinanza in tutte le fasi mediante :
• La discussione e approfondimento delle “linee guida”, già approvate dal Consiglio comunale. È evidente che, in questo caso, si tratta di una partecipazione su scelte già compiute, mancando il passaggio fondamentale del coinvolgimento nella formazione delle scelte;
• la creazione di un URBAN CENTER nel centro città dove consultare e discutere tutta la documentazione e gli elaborati degli strumenti urbanistici, a cominciare dallo stato di attuazione del vigente piano ( superfici previste per: civile abitazione, commercio, servizi, verde pubblico, etc.) secondo le schede riassuntive approvate .
• la messa in campo, nelle fasi di predisposizione, redazione, adozione/approvazione, attuazione, di molteplici forme e modelli di partecipazione attiva, per altro già ampiamente sperimentate a livello nazionale e internazionale, alcuni dei quali attivati anche a Livorno, attraverso l’esperienza di Cisternino 2020 e di “Pensiamo in Grande”;
• l’indicazione esplicita, nel bando di affidamento di incarico di predisposizione del Piano Strutturale, del nesso progettazione/partecipazione.
Chiediamo, inoltre, un incontro al Sindaco ed agli assessori in indirizzo per illustrare le nostre richieste e proposte, nello spirito di una collaborazione, nello stesso tempo, critica e propositiva. Altri importanti comuni toscani hanno iniziato esperienze di urbanistica partecipata ( es. Siena, Grosseto e Firenze). Una città come la nostra così ricca di comitati e di organizzazioni di cittadinanza attiva che chiedono ascolto e informazione alle istituzioni non merita di essere privata di una occasione di confronto così importante.
Segue l’elenco di chi ha sottoscritto
Hanno sottoscritto il documento, alla data del 15 giugno 2011:
OSSERVATORIO TRASFORMAZIONI URBANE
ASSOCIAZIONE AGIRE VERDE
ASSOCIAZIONE CASA TERRITORIO - LIVORNO
ASSOCIAZIONE CENTRODONNA EVELINA DE MAGISTRIS
ASSOCIAZIONE ECOMONDO
APPL - ASSEMBLEA PERMANENTE PER LA PARTECIPAZIONE A LIVORNO
CITTADINI ECOLOGISTI
COMITATO PROMOTORE DEL REFERENDUM SULL'OSPEDALE DI LIVORNO
LAB – LAB
UNIONE INQUILINI
WWF LIVORNO
Francesco Agapite
Giacomo Bazzi
Daniela Bertelli
Leonardo Bertelli
Vito Borrelli
Antonio Breschi
Paolo Bruciati
Marco Cannito
Giovanni Ceraolo
Daniela Chimenti
Andrea Cionini
Simona Corradini
Lorenzo Cosimi
Letizia Del Bubba
Chiara De Marino
Daria Faggi
Marusca Falanga
Claudio Frontera
Paolo Gangemi
Maurizio Giacobbe
Lamberto Giannini
Marcello Lenzi
Francesco Marani
Stefano Mecacci
Paola Meneganti
Ignazio Monterisi
Daniela Miele
Sergio Nieri
Maila Nosiglia
Fabio Papini
Maurizio Pazzaglia
Salvatore Picardi
Graziella Pierfederici
Francesca Pritoni
Lucia Posarelli
Mario Puggelli
Annalisa Ravenna
Stefano Romboli
Ruggero Morelli
Tommaso Tocchini
Moreno Toigo
Gabriele Volpi
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