Nei sei anni che corrono tra la nota
sulla TUTELA DEL PATRIMONIO (che fu pubblicata nel 2014 dall’Osservatorio T.U.,
a margine dei quesiti che pose agli aspiranti sindaco, nell’ambito delle
iniziative contro l’Ospedale a Montenero) e quest’ultima sul FUTURO DEL VECCHIO
OSPEDALE, avrebbe potuto svolgersi una proficua riflessione solo se vi fosse
stata la disponibilità al confronto tra gli enti coinvolti nel programma e tra
questi e la città; sarebbe sicuramente emersa una soluzione condivisa e non
sarebbe stato sprecato del tempo. Ma evidentemente il Dominus della questione
ha voluto altrimenti e, per la debolezza e la convenienza dei comprimari che si
sono succeduti, ha portato con il tempo e le circostanze a questa nuova
proposta, distante per collocazione alla prima, ma vicina alla medesima per
modello e per le criticità che mostra.
i due contributi:
che ne sarà del nuovo ospedale 2020
tutelare il patrimonio 2014
CHE NE SARÀ DELL’ATTUALE OSPEDALE.
Un aspetto irritante che non è mai stato chiarito fin
dall’inizio della storia del nuovo Ospedale è
la sorte del complesso storico di
viale Alfieri nel caso che si realizzi il nuovo blocco altrove, circostanza che persiste anche nell’ultimo
progetto.
Infatti, nonostante l’adiacenza della localizzazione prevista,
quest’ultima proposta è comunque fisicamente indipendente e la poca chiarezza
sull’utilizzo, ad opera compiuta, dei
vecchi padiglioni non allontanano lo spettro di un complesso storico destinato
all’abbandono: un evento che scaturisce dai vincoli cui sono soggette alcune
strutture che finiscono per rendere complesso ed economicamente sconveniente
qualsiasi sforzo per il loro recupero.
C’è una regola che sarebbe bene tenere in considerazione
quando si procede ad attuare un programma “Planter avant batir”; il suo
significato è compiuto in se, ma può essere traslato nel concetto che le
priorità non devono necessariamente seguire l’obiettivo immediato, ma devono
guardare più lontano; l’obiettivo del progetto non deve prevalere sul quadro
contestuale, rischiando di ignorarlo, ma deve considerarne le conseguenze
finanche a sovvertire le priorità tempistiche, affinché una volta realizzato
trovi una condizione accogliente e nel suo percorso non faccia vittime.
Le soluzioni
migliori, nascono spesso dai percorsi più impervi, e soprattutto attraverso il
confronto, e perché no, i conflitti, che devono comunque avvenire sempre sulla
base della chiarezza d’intenti, la
semplificazione non paga mai.
Banalizzando, sembra che la soluzione sottoscritta
nell’ultimo accordo sia stata concepita per mantenere l’impostazione del
progetto originario di Montenero, pur facendo una falsa concessione alla forte
domanda perché venisse realizzato nell’ambito della vecchia struttura; così si
è trovato uno spazio adiacente ritenuto disponibile senza considerare il fatto
che è un parco pubblico storico.
In questa problematica si innesta il ruolo della
Soprintendenza, che a Livorno non sempre ha mostrato un comportamento
consapevole, il cui avallo al nuovo progetto di via della Meridiana appare
segnale preoccupante.
Questo atteggiamento può rivelare la complicità che talvolta
ha assunto questo organismo in alcune vicende locali ( intenzionalmente oppure
per volubilità del suo ruolo istituzionale?),
consentendo di farsi strumento di scelte che hanno prodotto esiti in
contraddizione con il suo mandato.
L’atteggiamento espresso da questo istituto, che dovrebbe
mostrarsi equilibrato ed equo di fronte
a soggetti pubblici o privati, è apparso inspiegabilmente mutevole, da
fortemente determinato a distratto o assente su alcune importanti chiamate in
causa.
Qualsiasi giustificazione addotta dalla Soprintendenza in
ordine alla competenza territoriale o a opinabili condizioni di tempistica e
contesto non può essere giusta motivazione di fronte ad alcuni risultati
palesemente criticabili; anche se va
ricordato che spesso è stata coinvolta, proprio da soggetti pubblici, rispetto
a proprie iniziative a proposito o sproposito, strumentalmente o per convenienza.
Curiosa fu la sua nota sulla darsena Europa che valutò la
visibilità prospettica dell’opera dalla sommità di Montenero se confrontata con
la sua assenza dal dibattito sull’impatto visivo del progetto di costruzione
del capannone Azimut, muraglia su cui oggi va a sbattere la vista verso nord
dal viale Italia.
L’assenza è evidente anche riguardo la demolizione dei magazzini ottocenteschi
del Molo Mediceo o sull’ancor più antica officina, che era adiacente al lazzeretto San Rocco, che dopo
essere stata svelata in tutta la sua potenza strutturale originaria, di recente
è stata nuovamente occultata dalla scatola edilizia destinata ad area
commerciale.
È strano quanto ferma è stata nella determinazione al
vincolo dei vecchi silos granari e del suo blocco cementizio aderente, dal
momento che fu latitante in occasione della prevista sua trasformazione ad
albergo con una improbabile operazione di piercing ( fortunatamente abortita per palese
dimostrazione di oscenità architettonica alla sua pubblicazione).
E che dire delle residenze di porta a mare e
dell’insediamento dietro le fonti del Corallo, del sedicente restauro di Dogana d’acqua (PIUSS
dixit) in assenza di restauro, eccetera … ?
situazioni che meriterebbero ognuna uno specifico capitolo.
Ma ora l’Ospedale, la ex Pirelli ed il Parterre.
La Soprintendenza ha costituito uno degli ostacoli (secondo
i responsabili tecnici del Comune) a qualsiasi operazione d’intervento sullo
storico complesso ospedaliero, anche alla demolizione dei padiglioni
posteriori al progetto primario, che generarono la proposta di trasferimento
del nuovo blocco a Montenero basso.
Il parere della Soprintendenza fu causa della rinuncia della
società che vinse l’appalto di concessione per l’utilizzo dei capannoni della
ex Pirelli di via della Meridiana come parcheggio di servizio all’Ospedale, in
quanto negò l’autorizzazione alla sostituzione di alcune capriate di sostegno
della copertura proposta per un maggior utilizzo della volumetria, quindi della
superficie funzionale, pur con l’impegno al mantenimento della scatola muraria
esterna e della sua composizione volumetrica.
Non si può escludere che abbia avuto un ruolo
nell’annullamento del concorso di idee per la riqualificazione come polo
archivistico della ex Pirelli (cfr. finalità del bando del 2008).
La presenza del Soprintendente alla firma del protocollo di
accordo sul nuovo progetto dell’Ospedale con cui si stabilisce la realizzazione
della strada di attraversamento dell’attuale area ospedaliera con
l’abbattimento di parti recenti del
complesso, ma anche di manufatti storici e l’interruzione di alcuni dei
percorsi di collegamento dei padiglioni e soprattutto si viene a sottrarre una
considerevole superficie del parco Pertini
(ricordiamolo, lo storico Parterre del Poccianti della prima metà
dell’800), sta a confermare i dubbi cui
si allude all’inizio di questa nota e induce ad una supposizione: che
quest’ultima soluzione sia stata da sempre una opzione che gli enti coinvolti avevano sempre tenuto
in serbo.
Nel caso che una soluzione del genere venga portata a compimento, tra le problematiche che emergeranno, ci sarà
quella che sul vecchio ospedale prima o poi (nel malaugurato caso, speriamo
subito) vi sarà la necessità di intervenire, quindi di procedere a quelle
operazioni che sarebbero potute servire ad un recupero funzionale atto al
mantenimento del complesso nell’ambito di un rinnovato centro ospedaliero,
divenendone parte da integrare col nuovo blocco.
Altrimenti la falsa tutela del complesso storico si avvierà
a produrre il suo completo abbandono e degrado.
Varrebbe la pena riflettere anche su altri argomenti
collegati come:
l'assenza dei settori più sensibili delle professioni e
della cultura nei riguardi degli aspetti della tutela del patrimonio della
città; ci fu l'indignazione generale sulla pavimentazione di via Grande, ma
niente viene detto sull'amputazione del Parterre.
La disattenzione di tutte le Amministrazioni che hanno
governato la città alla qualità architettonica che nasce sempre dalla
conoscenza, dall'approfondimento, dal confronto e che ha mostrato il meglio
quando accompagnata al dialogo con il contesto e con le regole, anche nel caso
delle soluzioni più coraggiose.
TUTELARE IL PATRIMONIO
Tutelare un edificio considerato
patrimonio storico/architettonico significa non solamente mantenerne
l’integrità fisica, ma anche rispettarne la funzione perché spesso è anche in
relazione a questo secondo aspetto che assume il valore attribuito.
Questa attenzione deve essere
assunta come regola ed è tanto più opportuna
quanto più l’edificio rappresenta
ed interpreta funzionalmente la
sua destinazione.
Nel caso di edifici storicamente
più recenti questo è ancor più evidente
perché il significato o la necessità della funzione permane, altrimenti se la funzione viene a decadere, dovendo intervenire
nella ristrutturazione, se ne modifica la funzione scegliendo la destinazione
più vicina in termini di spazio d’uso del bene originale e più compatibile alla
sua identità.
Con il passare del tempo,
il valore intrinseco del bene
architettonico tende comunque ad assumere il valore puramente testimoniale
della sua funzione e della sua evoluzione e quindi si storicizza come opera architettonico/ monumentale finendo per
essere conservata, visitata ed ammirata, ma non usata.
Consideriamo ora l’Ospedale di Livorno ( realizzato intorno al
1930), un organismo architettonico complesso, fortemente caratterizzato dalla
sua destinazione e da un concetto non ancora superato di blocchi funzionali
specializzati collegati da percorsi protetti;
partendo da questo presupposto ci siamo chiesti se non ci siano le
condizioni per il suo recupero edilizio e tecnologico prima di ipotizzare il
trasferimento della struttura sanitaria in altro luogo.
La sensazione è che vi sia stata
una rinuncia all’origine del problema e
sia mancato un minimo di approfondimento sul tema di fondo, non avviando un
adeguato confronto sulle implicazioni di un
intervento edilizio cui sarebbe soggetta la struttura ospedaliera per
l’adeguamento ai necessari requisiti strutturali ed ambientali.
È opportuno invece approfondire
l’argomento del recupero funzionale dell’Ospedale e prendere in considerazione
ogni ipotesi di intervento, esplorare
anche la possibilità di pesanti operazioni piuttosto che rinunciare alla
destinazione per la quale la struttura pubblica
è stata realizzata.
Peraltro qualsiasi destinazione alternativa, oltre a
provocare una perdita di identità del complesso, obbligherebbe ad interventi
altrettanto pesanti e questo per evitare
un suo anomalo utilizzo o la sua inevitabile decadenza ed abbandono.
Questo approccio finora
inesplorato dimostrerà che entro il
perimetro della struttura ospedaliera esistono le condizioni per
operare sugli edifici
finalizzando gli interventi alle nuove esigenze e svelerà spazi per accogliere un eventuale nuovo
blocco funzionale, dal momento che esistono alcuni edifici di più recente
costruzione ed estranei al progetto
originario la cui demolizione potrebbe
creare od incrementare aree disponibili ad una nuova edificazione.
C’è ancora tempo per portare
avanti un programma di rinnovo dell’Ospedale nella sua sede storicamente consolidata,
urbanisticamente integrata alla città e considerata dalla maggior parte dei
livornesi un patrimonio comune.