Qualche giorno fa Dario Matteoni è intervenuto nel dibattito sul
Palazzo Grande, argomento tra i più praticati e perduranti nella stampa locale
e sui social media, con una riflessione storico-critica sulla nascita
dell’edificio e sul suo valore architettonico,
chiudendo l’articolo riscontrando la “contraddizione insoluta, …. nel
dualismo, mai risolto, di pubblico e privato, di rappresentatività e di
commercio” di cui la condizione del Palazzo Grande è emblema in questa città
“che deve ancora fare i conti con l'eredità non banale della sua architettura
moderna”. È questo un giudizio sul caso che colloca la questione nel contesto
storico in cui si è manifestato e sposta definitivamente il dibattito sul
futuro dell’edificio a confrontarsi con la realtà fattuale.
Con l’intenzione della nuova amministrazione di aprire una seria
riflessione sul futuro dell’edificio e sulle prospettive di una sua rinnovata
funzionalizzazione, forse non a caso resa pubblica con l’articolo apparso
martedì 3 dicembre, vengono spazzate via le ultime banalità sulla eliminazione
del nobile interrompimento ed ogni ipotesi antistorica sul riuso di una “piazza
liberata” che ancorché impraticabile disvelerebbe un deludente panorama lontano
dalla suggestione delle stampe e dalle fotografie d’anteguerra.
Ieri l’intervista a Roberto Petroni rivela le intenzioni della
proprietà orientata verso un utilizzo, direi convenzionale, degli spazi commerciali, con la ricerca di
soggetti che garantiscano un più esteso utilizzo dei locali, ipotesi che
rappresenta sostanzialmente una operazione di sostituzione, lasciando la
destinazione della parte più impegnativa per dimensione ed articolazione, il
volume del cinema-teatro, a diverse
ipotesi ispirate a recenti fortunate esperienze di città turistiche, ma anche
palestre/centri fitness.
Ora la speranza è che, componendo le riflessioni che possono scaturire
da queste tre fonti, si possa trovare un futuro al Palazzo Grande che possa
convertire il senso negativo di Interrompimento
a quello di Fulcro di una vitalità
del centro storico da rigenerare.
A tal proposito alcune considerazioni sono d’obbligo.
Da tempo si parla di creare in città, nell’ambito dell’attività
turistica, strutture per la promozione di prodotti territoriali o per la
ristorazione, a partire dalla vecchia assegnazione del Forte S. Pietro al CNA
da tempo scaduta e dimenticata, fino alle attuali volenterose esperienze al
Mercato delle Vettovaglie, ed al probabile analogo utilizzo dell’ex teatro
Lazzeri e di parte delle zone commerciali di Porta a Mare.
La presenza di palestre e centri fitness a Livorno è invasiva e pare
il destino ineludibile di tutti i contenitori urbani in cerca di destinazione:
è da evitare un teatro Grande come l’Odeon!
Una pianificazione mirata a coordinare tali attività e ad operare
scelte parametrate alla domanda a medio-lungo termine, ed alla vocazione dei
luoghi eviterebbe fenomeni di inutile concorrenza e di veloce obsolescenza.
Un concorso di idee per dare forma ad opzioni praticabili per
l’attualizzazione del complesso architettonico sarebbe un opportuno preliminare
ad una decisione definitiva, che renda partecipe la cittadinanza di una sorta
di riappropriazione ideale dell’edificio, per come era stato concepito, riconoscendone
l’appartenenza al patrimonio della
città.
Ulteriori approfondimenti vanno rimandati quindi alle occasioni che si
auspica vengano create dall’Amministrazione per inaugurare finalmente l’avvio
una reale partecipazione a tutte le scelte di interesse generale, ma nello
stesso tempo va lanciata una ipotesi che potrebbe collocarsi nell’ambito di una
stretta collaborazione pubblico-privato e
che certamente darebbe una energia permanente al luogo ed alle attività
presenti: una semi-istituzionalizzazione attraverso l’utilizzo di parte
dell’immobile a sede dell’Urban Center.
L’assoluta centralità del Palazzo Grande, la prossimità al Municipio
ed agli uffici amministrativi, la particolare composizione degli spazi tra i
quali da evidenziare:
-
i percorsi tracciati dagli attraversamenti
interni ortogonali, opportunità di uno spazio
pubblico alternativo a quello stradale, mai
sfruttato con l’apertura delle attività presenti verso l’interno che avrebbero
creato una zona di relazione da valorizzare perseguendo una situazione di convivenza
e sicurezza;
-
Il primo piano dall’articolazione singolare dei
pieni e dei vuoti ed il loggiato, una specie di piazza coperta che si affaccia
sulla piazza aperta;
-
La presenza delle due scale laterali (via
Pieroni e via Cogorano) che portano a questo primo piano, mai utilizzate, che
ne agevolerebbero l’accessibilità;
-
La disponibilità, non esclusiva, di sale per
eventi.
Queste alcune caratteristiche che
consentirebbero di organizzare un vero centro aperto ai cittadini e di generare
forte attrattività anche per un indotto commerciale e di terziario che si
installasse nelle altre zone dell’edificio, funzione non alternativa al
Cisternino di città in quanto quest’ultimo per inidoneità strutturale e per
mancato adeguamento funzionale non ha potuto finora e non potrà mai assolvere
alle necessità pratiche di un Urban Center.